Dal 17 agosto è in vigore il decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75 nella sua formulazione modificata dalla legge di conversione. Il provvedimento, dedicato a “Disposizioni urgenti in materia di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, di agricoltura, di sport, di lavoro e per l'organizzazione del Giubileo della Chiesa cattolica per l'anno 2025”, introduce alcune disposizioni di interesse per il mondo sportivo dilettantistico.
Qui ci soffermiamo sull’introduzione del regime di esenzione IVA e sui dubbi interpretativi che sollecita la disposizione affrontando:
1. Cosa prevede la norma?
2. Per quale motivo è necessario affermare che i servizi sportivi sono esenti IVA e non fuori campo IVA?
3. Quale altro provvedimento risponde a questa necessità?
4. Le peculiarità della disciplina introdotta in sede di conversione del DL 75/2023 ed i dubbi interpretativi
5. Per concludere, come comportarsi?
Per l’analisi degli altri provvedimenti di interesse per le organizzazioni sportive presenti nel decreto si rinvia a Arsea Comunica n. 124 del 21/08/2023.
1. Cosa prevede la norma?
Art. 36 bis - Regime dell'imposta sul valore aggiunto per le prestazioni di servizi connessi con la pratica sportiva e norma di interpretazione autentica.
1. Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall'imposta sul valore aggiunto.
2. Le prestazioni dei servizi didattici e formativi di cui al comma 1, rese prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si intendono comprese nell'ambito di applicazione dell'articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
2. Per quale motivo è necessario affermare che i servizi sportivi sono esenti IVA e non fuori campo IVA?
Le novità in materia di IVA per le organizzazioni sportive non sono state introdotte dalla riforma dell’ordinamento sportivo ma nascono da esigenze comunitarie.
La Commissione europea ha infatti emesso una procedura di infrazione (n. 2008/2010[i]) nei confronti del nostro Paese per il non corretto recepimento della Direttiva IVA, in quanto l’ordinamento italiano qualifica alcune prestazioni come “non soggette ad IVA” mentre la Direttiva comunitaria impone l'IVA a tutte le cessioni di beni e le erogazioni di servizi eseguite, dietro corrispettivo, da un soggetto "passivo", inteso come l'esercente di un'attività oggettivamente economica, risultando indifferente lo scopo, lucrativo o meno, della stessa attività, fatta salva la possibilità per alcune prestazioni – tassativamente elencate – di beneficiare del regime di esenzione IVA.
Si ricorda infatti che l’articolo 132 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, prevede che “1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: (…) m) talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica”.
L’articolo 133 prevede inoltre che “Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad organismi diversi dagli enti di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste all'articolo 132, paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n), all'osservanza di una o più delle seguenti condizioni:
“a) gli organismi in questione non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto: gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite;
b) gli organismi in questione devono essere gestiti ed amministrati a titolo essenzialmente gratuito da persone che non hanno di per sé o per interposta persona alcun interesse diretto o indiretto ai risultati della gestione;
c) gli organismi in questione devono praticare prezzi approvati dalle autorità pubbliche o che non superino detti prezzi ovvero, per le operazioni i cui prezzi non sono sottoposti ad approvazione, praticare prezzi inferiori a quelli richiesti per operazioni analoghe da imprese commerciali soggette all'IVA;
d) le esenzioni non devono essere tali da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA”.
Poiché l’IVA è una imposta di matrice comunitaria è diventato obbligatorio adeguarsi ma sarebbe sufficiente - ai fini dell’esenzione IVA - che i servizi sportivi siano offerti da organismi che non abbiano per fine la ricerca sistematica del profitto nei termini sopra descritti. Sul punto si ricorda che secondo la Corte di giustizia europea[ii], il fatto che detto organismo realizzi successivamente profitti, anche se da esso perseguiti o generati sistematicamente, non può porre in discussione la qualificazione iniziale di tale organismo, fintanto che tali utili non siano distribuiti ai suoi membri.
3. Quale altro provvedimento risponde a questa necessità?
L’articolo 5[iii] del DL 146/2021 (la cui entrata in vigore è stata rinviata a luglio 2024) prevede:
- l’abrogazione dell’art. 4 del Decreto IVA (DPR 633/1972) che attualmente disciplina il regime di non assoggettamento ad IVA;
- l’introduzione nell’articolo 10 del DPR IVA, tra le prestazioni di servizi esenti da IVA, di quelle “strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali” a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA.
Questa disposizione determina (o meglio avrebbe determinato?) pertanto le seguenti conseguenze in ambito sportivo dilettantistico:
1) le prestazioni di servizi sportivi realizzate da società sportive devono intendersi soggette ad IVA, con applicazione dell’aliquota del 22%;
2) sono esenti da IVA le prestazioni strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese esclusivamente da associazioni sportive dilettantistiche a:
- soci e tesserati;
- non soci/tesserati
- altre organizzazioni, in questo caso purché aderenti al medesimo organismo sportivo.
Questo significa che il fruitore del servizio non deve sostenere un maggior costo rispetto al regime di non assoggettamento ad IVA ma che sull’associazione gravano diversi adempimenti atteso che dovrà:
- aprire la partita IVA, qualora sprovvista;
- emettere scontrino o fattura con indicazione del regime di esenzione IVA,
- tenere i registri IVA,
- effettuare la comunicazione delle liquidazioni periodiche,
- presentare la dichiarazione IVA,
- garantire la tenuta della contabilità separata,
salvo
a) l’esercizio dell’opzione per la dispensa dagli adempimenti IVA ex art. 36 - bis[iv] del DPR IVA, opzione non praticabile nel caso in cui nel corso dell’esercizio si siano effettuati acquisti intracomunitari o operazioni in reverse charge;
b) l’esercizio dell’opzione per il regime di cui alla legge 398/1991 che prevede semplificazioni ed esenzione di adempimenti.
Agli adempimenti da assolvere in più si aggiungono problemi interpretativi legati all’aver voluto subordinare l’esenzione IVA alla circostanza che tale regime agevolato non determini “distorsioni della concorrenza” a danno degli operatori commerciali che svolgono le loro attività in regime Iva. Si tratta palesemente di una valutazione aleatoria che implica la possibilità che due organizzazioni identiche, ma operanti in contesti territoriali diversi, potrebbero essere in un caso esenti IVA, nell’altro soggette.
C’è inoltre da evidenziare che non è l’Unione Europea ad imporre l’adozione di questo vincolo come evidenziato nel paragrafo precedente, ben potendo limitarsi a chiedere che l’ASD non abbia per fine la ricerca sistematica del profitto, requisito che si ritiene possa essere assolto dal rispetto dell’art. 8 del DLgs 36/2021[v].
4. Le peculiarità della disciplina introdotta in sede di conversione del DL 75/2023 ed i dubbi interpretativi
Che il rapporto tra questa norma e il DL 146/2021 sia controverso lo denunciano sia la Camera che il Senato nei relativi dossier affermando che “Al fine di evitare una sovrapposizione tra le due norme e potenziali difficoltà operative, si consideri l’opportunità di effettuare un intervento di coordinamento posto che le stesse presentano profili di sostanziale sovrapponibilità - con particolare riferimento all’esenzione Iva per le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica - sebbene abbiano profili applicativi soggettivi e oggettivi diversi, per quanto in particolare riguarda i destinatari dell’agevolazione e l’insieme di prestazioni esenti”.
Il primo comma introduce l’esenzione IVA per i servizi sportivi contemplata dalla direttiva comunitaria con effetto immediato, prevedendo peculiarità rispetto al dettato del DL 146/2021 e sollevando i seguenti dubbi interpretativi:
1) la disposizione prevede l’immediata entrata in vigore del regime di esenzione ma non modifica l’art.4 del DPR IVA: ciò significa che una associazione sportiva dilettantistica priva di partita IVA deve aprire subito partita IVA o può continuare ad applicare l’art. 4 del DPR IVA e considerare pertanto i servizi sportivi resi a soci e tesserati fuori campo IVA?
L’associazione deve indicare sul documento fiscale il regime di esenzione IVA o può continuare ad indicare il riferimento all’art. 4 del DPR IVA in relazione ai servizi sportivi diretti ad associati e tesserati?
Tecnicamente è possibile affermare la vigenza dell’art. 4 del decreto IVA (la cui parte qui di interesse sarà abrogata solo dal 1/7/2024) e la circostanza che la disposizione, trovando applicazione nei confronti solo di associati e tesserati, presenta una peculiarità rispetto al nuovo regime di esenzione indifferenziato? Oppure il legislatore con questo provvedimento ha inteso ottemperare alla procedura di infrazione e quindi affermare l’esenzione IVA disapplicando, di fatto, l’art. 4 del DPR IVA con riferimento ai servizi sportivi?
Purtroppo dagli atti parlamentari non si riscontrano elementi utili ad affermare, con assoluta certezza, quale delle due tesi interpretative sia fedele alla volontà del legislatore, si invoca quindi una indicazione in merito da parte dell’Agenzia delle entrate. Un atteggiamento prudenziale fa propendere – nelle more di un chiarimento - per l’immediata operatività dell’esenzione IVA, con superamento del regime di cui all’art.4 del DPR IVA;
2) a differenza di quanto previsto dal DL 146/2021, in questo caso viene prevista l’esenzione IVA anche per i servizi sportivi resi dalle società sportive dilettantistiche. Si ritiene che l’eventuale previsione statutaria della parziale distribuzione di utili, concessa dal Decreto legislativo 36/2021[vi], pregiudichi la possibilità di beneficiare dell’esenzione IVA. Sul punto si auspicano chiarimenti;
3) a differenza di quanto previsto dal DL 146/2021, in questo caso il regime di esenzione non è subordinato al requisito che tale regime agevolato non determini “distorsioni della concorrenza” a danno degli operatori commerciali che svolgono le loro attività in regime IVA;
4) non viene prevista l’esenzione IVA quando i servizi sportivi sono resi ad altri organismi sportivi: l’iscrizione al campionato da parte della squadra e non del singolo atleta deve intendersi pertanto rilevante ai fini iva?
La formulazione in realtà è analoga a quella prevista dalla Direttiva comunitaria su cui la giurisprudenza comunitaria (in tal senso Corte di giustizia Comunità Europee Sez. IV, 16-10-2008, n. 253/07) ha ritenuto che il termine persone debba comprendere anche le persone giuridiche e le associazioni prive di personalità giuridica perché – anche se a rigore questi organismi non esercitano direttamente lo sport – bisogna prendere in considerazione non solo il destinatario formale di tali prestazioni ma anche il suo destinatario concreto o beneficiario effettivo;
5) l’esenzione IVA è prevista per i servizi sportivi resi da tutti gli enti senza fine di lucro, non solo dalle ASD e SSD ed enti del terzo settore iscritti nel Registro nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche, nonostante sia tale registro a certificare la natura sportiva dilettantistica di tali attività ma in effetti l’esenzione riguarda le prestazioni sportive, non necessariamente dilettantistiche, nonché le prestazioni riconducibili all’educazione fisica. Potrebbero pertanto beneficiare dell’esenzione IVA anche i servizi di tale natura realizzati da una cooperativa non ETS.
Resta da segnalare che mentre gli enti iscritti in tale registro sono vincolati al divieto di distribuzione diretta ed indiretta nei termini sopra evidenziati - per cui gli eventuali profitti non dovranno mai essere distribuiti ma dovranno essere destinati al mantenimento o al miglioramento delle prestazioni fornite[vii], osservando così uno dei requisiti comunitari, con riferimento agli altri enti senza fini di lucro mancherebbe l’indicazione del requisito – richiesto dall’art.133 della Direttiva comunitaria – per garantire l’esenzione IVA.
Non appare infine condivisibile la tesi di chi ritiene non applicabile la norma agli organismi sportivi – Federazioni, Discipline sportive associate ed Enti di promozione sportiva – riconosciuti dal CONI anche nella remota ipotesi in cui svolgano attività esclusivamente nei confronti delle affiliate e non dei tesserati per i motivi esposti al punto 4);
6) cosa si intende per servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi? Cosa si intende per educazione fisica? Il quesito riguarda sia le discipline ammesse al beneficio che le tipologie di servizi.
Per quanto concerne le discipline, si segnala che non tutte quelle espressamente riconosciute dal CONI sono ammesse al beneficio dell’esenzione IVA dall’Unione europea. È il caso per esempio del bridge, con riferimento al quale la Corte di giustizia ha negato il beneficio dell’esenzione IVA come attività sportiva, poiché “la componente fisica appare irrilevante” – il che però non pregiudica la possibilità di accedere al regime di esenzione come «servizi culturali», “qualora tale attività, tenuto conto della sua pratica, della sua storia e delle tradizioni a cui appartiene, occupi, in un determinato Stato membro, una posizione tale nel patrimonio sociale e culturale di tale paese da poter essere considerata come facente parte della sua cultura”. Sarebbe pertanto opportuno negli statuti dei sodalizi che promuovono tale attività valorizzare anche le finalità culturali con cui si realizza l’attività dal nostro ordinamento riconosciuta come sportiva dilettantistica.
Per quanto riguarda i servizi beneficiari dell'esenzione, la Corte di giustizia (quarta sezione, sentenza 10/12/2020) ricorda che l'articolo 134 della direttiva prevede che:
- le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono escluse dal beneficio dell’esenzione (…) se esse non sono indispensabili all’espletamento delle operazioni esentate;
- l’espressione «talune prestazioni» indica che tale disposizione non impone un obbligo per gli Stati membri di esentare in maniera generale tutte le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica. Di conseguenza, poiché detta disposizione non enuncia né un elenco esaustivo di prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell’educazione fisica che gli Stati membri sono tenuti ad esentare, né un obbligo, per questi ultimi, di esentare tutte le prestazioni di servizi che presentino una tale caratteristica, essa deve essere interpretata nel senso che conferisce agli Stati membri, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 35 e 38 delle sue conclusioni, un certo margine discrezionale a tal fine.
Poiché il legislatore italiano non ha circoscritto le tipologie di prestazioni strettamente connesse con la pratica dello sport, ci si chiede se oltre alle quote versate per partecipare all’attività didattica (es: corso di nuoto), formativa (es: corso di qualificazione per diventare istruttore di nuoto) e sportiva (es: quota iscrizione al campionato di nuoto) possa essere esteso il regime di esenzione IVA per esempio alla concessione dell’impianto sportivo per gli allenamenti;
7) l’esenzione opera anche quando il fruitore non sia associato/tesserato. Sarà quindi necessario correttamente imputare alla sfera delle attività rilevanti ai fini delle imposte sui redditi i corrispettivi provenienti da terzi con necessità di monitorarli ai fini della qualificazione dell’associazione sportiva dilettantistica come ente non commerciale;
8) le novità in materia di IVA non dovrebbero implicare conseguenze sotto il profilo delle imposte dirette: l’ordinamento italiano contempla già la possibilità che corrispettivi specifici che non concorrono alla formazione della base imponibile siano invece soggetti ad IVA, come nel caso del turismo sociale, così come prevede che i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche agli enti non commerciali per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi non concorrono alla formazione del reddito ma siano soggetti ad iva, salvo che la prestazione non sia iva esente. Si è però sicuri che l’Agenzia delle Entrate non riterrà rilevanti ai fini delle imposte dirette le prestazioni esenti da IVA?
Il secondo comma introduce invece una disposizione di interpretazione autentica per cui i servizi didattici e formativi resi prima della data di entrata in vigore della legge di conversione devono intendersi esenti iva come attività didattiche nonostante giurisprudenza comunitaria (C-449/17) e Agenzia delle Entrate (risposte 393/E/2022 e 162/2020) si siano espresse in senso contrario. Eppure l’art. 4 del DPR IVA si può pacificamente applicare per il pregresso, con conseguente non assoggettamento ad iva dei servizi sportivi resi ad associati e tesserati. Se la disposizione doveva tutelare le SSD, non sarebbe stata sufficiente una norma di interpretazione autentica ai sensi della quale l’art. 4 del DPR IVA si applica anche alle società sportive dilettantistiche perché l’art. 90 della legge 289/2002 estende alle SSD le agevolazioni fiscali previste per le ASD? L’affermazione della natura esente della prestazione anche per il passato rende i contribuenti suscettibili di contestazioni per gli omessi adempimenti? Il principio di irretroattività delle norme le salvaguarda pienamente da contestazioni?
5. Per concludere, come comportarsi?Le associazioni prive di partita iva possono valutare se:
a) aprire la partita iva (in ogni caso obbligatoria dal 2024), optando per il regime di cui alla legge 398/1991 che garantisce semplificazioni ed esoneri negli adempimenti per cui potrebbe limitarsi all’emissione di ricevuta, come di seguito descritto. Si evidenzia che con la Circolare 18/2018 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nel plafond massimo di 400.000 euro di introiti commerciali - che garantiscono la possibilità di accedere al regime di cui alla legge 398/1991 - non devono essere computati gli introiti non soggetti ad imposte dirette quali i corrispettivi specifici versati da associati e tesserati per fruire di servizi sportivi;
b) non aprire la partita iva e attendere chiarimenti. In questo caso l’associazione è passibile della sanzione amministrativa pecuniaria connessa alla violazione degli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni esenti da 250 a 2.000 euro quando la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito (ex art. 6 del DLgs 471/1997), oltre alla sanzione per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ed IRAP ancorché a zero.
Le associazioni titolari di partita iva in regime 398/1991 possono valutare se:
a) applicare il DL 75/2023 e quindi emettere – nei confronti sia di soci/tesserati che di terzi - ricevuta con l’indicazione “esente IVA ex art. 10 DPR IVA”, a meno che non sia richiesta l’emissione di fattura;
b) attendere chiarimenti e pertanto emettere ricevute nei confronti di associati e tesserati per servizi sportivi con la dicitura “fuori campo IVA ex art. 4 DPR IVA”.
Le associazioni titolari di partita IVA in regime IVA non forfettario possono valutare se:
a) applicare il DL 75/2023 e quindi emettere – nei confronti sia di soci/tesserati che di terzi - fattura o scontrino telematico parlante con la dicitura “esente IVA ex art. 10 DPR IVA”;
b) attendere chiarimenti e pertanto
- emettere ricevute nei confronti di associati e tesserati per servizi sportivi con la dicitura “fuori campo IVA ex art. 4 DPR IVA”;
- emettere fattura o scontrino telematico parlante nei confronti di non associati/tesserati per servizi sportivi con la dicitura “esente IVA ex art. 10 DPR IVA”;
con l’avvertenza che per poter beneficiare della decommercializzazione di cui all’articolo 148 del TUIR si rende sempre necessario indicare il codice fiscale del fruitore del servizio ai fini della sua identificazione nel libro soci o nei dati del tesseramento.
Arsea Comunica n. 125 del 25/08/2023
[i] Violazione
La Commissione europea sostiene che alcune norme del D.P.R. 633/72 contrastino con la Direttiva 2006/112/CE, in quanto escludono dall'IVA alcune operazioni che dovrebbero o andarne soggette o, quantomeno, andarne "esenti". L'art. 2 di essa Direttiva impone l'IVA a tutte le cessioni di beni e le erogazioni di servizi eseguite, dietro corrispettivo, da un soggetto "passivo", inteso come l'esercente di un'attività oggettivamente economica, risultando indifferente lo scopo, lucrativo o meno, della stessa attività. L'art. 132 della Direttiva prevede, al massimo, che "determinate" attività economiche, in quanto finalizzate ad uno scopo "pubblico" (si noti: solo le attività espressamente enumerate dalla Direttiva e non "tutte" le attività di interesse pubblico), possano essere "esenti", ma non "escluse" (quindi, in quanto meramente "esenti", tali da concorrere, i n ogni caso, alla formazione dell'imponibile IVA e da essere soggette a fattura e registrazione). In difformità dal principio UE – per cui, ai fini dell'assoggettamento ad IVA, sarebbe irrilevante la natura dello scopo perseguito dall'imprenditore - si porrebbe l'art. 4, co. 4°, del citato D.P.R. 633/72. Esso dispone, infatti, che gli enti diversi dalle società "commerciali" (società di persone, associazioni, et ...) - che esercitino un'attività 5finalizzata al profitto solo in via secondaria, essendo la loro attività principale, per converso, non orientata a scopi di lucro - non sono assoggettati ad IVA per le transazioni, dietro corrispettivo, eseguite in relazione a detta attività principale non lucrativa. Sempre l'art. 4 del D.P.R. prende in considerazione, inoltre, l'ipotesi che gli enti predetti cedano beni o eroghino servizi in favore dei loro associati - in cambio dell'aumento della quota associativa ovvero dietro corrispettivo specifico. Tali operazioni - che per il diritto UE sarebbero sempre "commerciali" (in quanto sia la maggiorazione della quota che l'esborso specifico sono dei corrispettivi e, quindi, indizio di "commercialità") e, dunque, soggette ad IVA - per la disciplina italiana risultano escluse da tale imposta quando· siano afferenti ad una finalità "pubblica". Al riguardo, la Commissione eccepisce che tali fattispecie, a rigore, non dovrebbero essere "escluse" dall'IVA, potendo tutta al più essere considerate "esenti", sempre, in quest'ultimo caso, a condizione che: non avvengano dietro corrispettivo; laddove si presentino come cessioni di beni, non siano autonome ma connesse ad un servizio attinente allo scopo dell'ente; l'esenzione concessa non alteri la concorrenza; la finalità "pubblica" dell'ente sia riconducibile ad una delle ipotesi di cui all'art. 132 della Direttiva 2006/112.
Stato della Procedura
113/6/2010 è stata notificata una messa in mora complementare ex art. 258 TFUE, cui l'Agenzia delle Entrate ha risposto il 10/11/2009 ed il Ministero dell'Economia e delle Finanze il 30/09/2010. Il 4/06/2012 la Commissione ha chiesto ulteriori informazioni, cui il Dipartimento delle Finanze e l'Agenzia delle entrate hanno dato riscontro con nota prot. n. 5934 del 13/07/2012.
Impatto finanziario nel breve/medio periodo
L'adeguamento alle censure comunitarie comporta: 1) che alcune operazioni "escluse" passino ad un regime di mera "esenzione": in tal caso l'aumento di gettito fiscale sarebbe trascurabile; 2) al tre operazioni "escluse" passino ad un regime di imposizione: in questa ipotesi l'aumento degli introiti fiscali non è al momento quantificabile, mancando dati generali e di dettaglio.
[ii] In tal senso, sentenza del 21 marzo 2002, Kennemer Golf, C‑174/00, EU:C:2002:200, punti da 26 a 28
[iii] 15-quater. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4:
1) al quarto comma, le parole da: ", ad esclusione di quelle" fino a: "organizzazioni nazionali" sono soppresse;
2) al quinto comma, le parole: ", escluse le pubblicazioni delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona cedute prevalentemente ai propri associati" nonché le parole: "le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dai partiti politici rappresentati nelle assemblee nazionali e regionali" sono soppresse;
3) i commi sesto, settimo e ottavo sono abrogati;
b) all'articolo 10, dopo il terzo comma sono aggiunti i seguenti:
"L'esenzione dall'imposta si applica inoltre alle seguenti operazioni, a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA:
1) le prestazioni di servizi e le cessioni di beni ad esse strettamente connesse, effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, a fronte del pagamento di corrispettivi specifici, o di contributi supplementari fissati in conformità dello statuto, in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto, nei confronti di soci, associati o partecipanti, di associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
2) le prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;
3) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate in occasione di manifestazioni propagandistiche dagli enti e dagli organismi di cui al numero 1) del presente comma, organizzate a loro esclusivo profitto;
4) la somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività.
Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano a condizione che le associazioni interessate abbiano il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge, e si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, ovvero alle corrispondenti clausole previste dal codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117:
1) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo e salva diversa destinazione imposta dalla legge;
2) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente ogni limitazione in funzione della temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione;
3) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie;
4) eleggibilità libera degli organi amministrativi; principio del voto singolo di cui all'articolo 2538, secondo comma, del codice civile; sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e criteri di loro ammissione ed esclusione; criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2538, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale;
5) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.
Le disposizioni di cui ai numeri 2) e 4) del quinto comma non si applicano alle associazioni religiose riconosciute dalle confessioni con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, nonché alle associazioni politiche, sindacali e di categoria".
15-quinquies. In attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che hanno conseguito ricavi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000 applicano, ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all'articolo 1, commi da 58 a 63, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
15-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 15-quater e 15-quinquies rilevano ai soli fini dell'imposta sul valore aggiunto.
[iv] Il contribuente che ne abbia data preventiva comunicazione all'ufficio è dispensato dagli obblighi di fatturazione e di registrazione relativamente alle operazioni esenti da imposta ai sensi dell'art. 10, tranne quelle indicate al primo comma, numeri 11), 18) e 19), e al terzo comma dello stesso articolo, fermi restando l'obbligo di fatturazione e registrazione delle altre operazioni eventualmente effettuate, l'obbligo di registrazione degli acquisti e gli altri obblighi stabiliti dal presente decreto, ivi compreso l'obbligo di rilasciare la fattura quando sia richiesta dal cliente. Nell'ipotesi di cui al precedente comma il contribuente non è ammesso a detrarre dall'imposta eventualmente dovuta quella relativa agli acquisti e alle importazioni e deve presentare la dichiarazione annuale, compilando l'elenco dei fornitori, ancorché non abbia effettuato operazioni imponibili. La comunicazione di avvalersi della dispensa dagli adempimenti relativi alle operazioni esenti deve essere fatta nella dichiarazione annuale relativa all'anno precedente o nella dichiarazione di inizio dell’attività ed ha effetto fino a quando non sia revocata e in ogni caso per almeno un triennio. La revoca deve essere comunicata all'ufficio nella dichiarazione annuale ed ha effetto dall'anno in corso.
[v] art. 8 del DLgs 36/2021 - si considerano in ogni caso distribuzione indiretta di utili:
a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all'articolo 2, comma 1 del DLgs 112/2027;
c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi dal comma 3, lettera a);
d) l'acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
e) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell’attività di interesse generale di cui all'articolo 2;
f) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
[vi] Ai sensi dell’art. 8 del DLgs 36/2021, “3. Se costituiti nelle forme di società di capitali e cooperative di cui al Libro V, Titoli V e VI, del codice civile, gli enti dilettantistici possono destinare una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci, nei limiti delle variazioni dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il periodo corrispondente a quello dell'esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti, oppure alla distribuzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l'emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato. Le disposizioni di cui al primo periodo non si applicano agli enti costituiti nelle forme delle società cooperative a mutualità prevalente di cui all'articolo 2512 del codice civile.
(…) 4-bis. Al fine di incoraggiare l'attività di avviamento e di promozione dello sport e delle attività motorie, la quota di cui al comma 3 è aumentata fino all'ottanta per cento per gli enti dilettantistici di cui al medesimo comma 3 diversi dalle società cooperative a mutualità prevalente di cui all'articolo 2512 del codice civile che gestiscono piscine, palestre o impianti sportivi in qualità di proprietari, conduttori o concessionari. L'efficacia di tale misura è subordinata, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, all'autorizzazione della Commissione europea.”
[vii] Vedi nota V
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