Il Codice del terzo settore ha introdotto nella disciplina generale degli enti del terzo settore la possibilità di realizzare anche attività diverse da quelle di interesse generale tipizzate all’articolo 5, a condizione che siano secondarie e strumentali.
Non si tratta di una novità assoluta nel panorama normativo: lo prevedeva già il decreto legislativo 460/1997 con riferimento alle ONLUS. Il relativo art. 10 – ancora oggi in vigore per le ONLUS che non abbiano richiesto/ottenuto l’iscrizione nel registro unico nazionale del terzo settore – prevede infatti che “L'esercizio delle attività connesse è consentito a condizione che, in ciascun esercizio e nell'ambito di ciascuno dei settori elencati alla lettera a) del comma 1, le stesse non siano prevalenti rispetto a quelle istituzionali e che i relativi proventi non superino il 66% delle spese complessive dell'organizzazione”.
La distinzione tra le attività qualificanti le ONLUS (dette istituzionali) e le attività connesse (che ricomprendono le attività statutarie di assistenza sanitaria, istruzione, formazione, sport dilettantistico, promozione della cultura e dell'arte e tutela dei diritti civili, dirette a soggetti “non svantaggiati” nonché le attività accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse) nasce ai fini qualificatori e non ha ripercussioni sulla fiscalità delle ONLUS seppur si configurino come tipologie di ricavi diversi: la prima non costituisce esercizio di attività commerciale mentre i proventi della seconda non concorrono alla formazione del reddito imponibile.
La funzione meramente qualificatoria della distinzione tra attività di interesse generale e attività diverse appare confermata dal Codice del terzo settore atteso che:
1) l’ente del terzo settore può svolgere attività di interesse generale che si considerano di natura commerciale se “i ricavi superino di oltre il 6 % i relativi costi per ciascun periodo d'imposta e per non oltre tre periodi d'imposta consecutivi;
2) le associazioni di promozione sociale possono svolgere attività diverse, quale l’attività di somministrazione di alimenti e bevande i cui ricavi, in presenza di determinati presupposti[i], sono considerati non commerciali[ii].
Cosa succede in ambito sportivo?
L’art. 9 del DLgs 36/2021 prevede che
“Le associazioni e le società sportive dilettantistiche possono esercitare attività diverse da quelle principali di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b) [ossia l’attività competitiva/agonistica, la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica], a condizione che l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano e che abbiano carattere secondario e strumentale rispetto alle attività istituzionali, secondo criteri e limiti definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o dell'Autorità politica da esso delegata in materia di sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
1-bis. I proventi derivanti da rapporti di sponsorizzazione, promo pubblicitari, cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive sono esclusi dal computo dei criteri e dei limiti da definire con il decreto di cui al comma 1”.
Il DLgs 36/2021 non interviene sul testo unico delle imposte sui redditi ai sensi del quale
“3. Per le associazioni (…) sportive dilettantistiche (…) non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.
4. La disposizione del comma 3 non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, per le somministrazioni di pasti, per le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, per le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e per le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali nè per le prestazioni effettuate nell'esercizio delle seguenti attività:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
d) pubblicità commerciale;
e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
5. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287 , le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3”.
Al netto quindi delle erogazioni liberali e dei contributi associativi versati dagli associati, le associazioni sportive dilettantistiche in possesso di determinati requisiti statutari possono distinguere – ai sensi dell’art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi - tra:
ricavi derivanti da attività che non si considerano commerciali |
ricavi derivanti da attività che si considerano commerciali |
§ le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali § la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l'attività istituzionale, se svolta da soggetto in possesso della qualifica di ente le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero degli interni e in presenza dei requisiti sopra menzionati § l'organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, se svolta da soggetto in possesso della qualifica di ente le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero degli interni e in presenza dei requisiti sopra menzionati |
§ gestione di spacci aziendali e di mense; § organizzazione di viaggi e soggiorni turistici in assenza dei requisiti indicati nell’altra colonna; § gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale; § pubblicità commerciale; § telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari nonché tutti i ricavi derivanti da attività non menzionate nella colonna accanto |
Ci troviamo pertanto a distinguere tra:
1) attività principali, e quindi i ricavi derivanti dall’organizzazione di attività competitiva/agonistica, formazione, didattica, preparazione e assistenza all'attività sportiva dilettantistica, fiscalmente agevolate in presenza dei requisiti di cui all’art. 148 del TUIR;
2) attività diverse quali la somministrazione di alimenti e bevande ed il c.d. turismo sociale agevolate sotto il profilo delle imposte dirette in presenza di determinati requisiti;
3) attività diverse (sponsorizzazione, promo pubblicitari, cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive) che non incidono sul rapporto tra attività principali e attività diverse e sulla cui fiscalità si ritiene opportuno un approfondimento.
Il problema interpretativo è legato alla scelta lessicale: il TUIR agevola le “attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali”: queste devono essere intese esclusivamente come le attività principali o può riguardare anche attività diverse da quelle principali quando svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali?
Entriamo nel merito della casistica riportata.
Sui contratti di sponsorizzazione e promopubblicitari non ci sono dubbi: ad affermare che sono fiscalmente rilevanti interviene direttamente il TUIR trattandosi di contratti di pubblicità commerciale.
Sulla cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti si aprono le prime difficoltà atteso che l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile l’articolo 148, terzo comma del TUIR, quando l’importo viene versato da ASD/SSD affiliata al medesimo organismo sportivo riconosciuto dal CONI in quanto seppur non sono attività istituzionali, sono svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali. Cambia qualcosa con l’introduzione della nozione di attività principale? A parere di chi scrive no ma sicuramente è opportuno un chiarimento.
Se infine per ricavi derivanti dalla gestione di impianti sportivi e strutture sportive si deve intendere il noleggio, questo si riteneva pacificamente attività fiscalmente rilevante anche in passato o, meglio, si rende necessario distinguere tra:
a) noleggio vero e proprio, fiscalmente rilevante;
b) servizi di utilizzo dei campi da gioco (incluso l’utilizzo degli spogliatoi, degli armadietti e di altre strutture/beni dell’ente sportivo dilettantistico non lucrativo) resi agli associati, tesserati e sodalizi affiliati al medesimo organismo sportivo in relazione ai quali l’Agenzia delle Entrate (circolare 18/2018) riteneva applicabile comunque l’articolo 148 del TUIR e quindi la decommercializzazione del relativo ricavo.
Su questo tema era intervenuta sempre l’Agenzia delle Entrate del Friuli Venezia Giulia nel 2014, affermando che l’applicazione dell’art. 148 del TUIR alla concessione dell’impianto ad associati e ASD/SSD affiliate al medesimo organismo sportivo era subordinata alla circostanza che - a seguito di una valutazione di fatto (attività svolta, modalità di affitto/noleggio, entità del canone, etc) da farsi in relazione al caso concreto - si potesse effettivamente parlare di una attività che “costituisca il naturale completamento degli scopi specifici e particolari che caratterizzano ciascun ente associativo (…), dovendosi escludere la possibilità di sottrarre ad imposizione i compensi per prestazioni accessorie o collegate solo in via indiretta o eventuale agli scopi istituzionali”.
Un aspetto rilevante è pertanto rappresentato dall’entità dell’importo richiesto per poter fruire di tali servizi che deve essere tale da non qualificare l’attività come sfruttamento “commerciale” dell’impianto sportivo. Se in passato però ci potevano essere dei limiti nel riconoscere ai soci/affiliati al medesimo organismo sportivo condizioni più favorevoli di accesso ai servizi in ragione della loro qualità, atteso che tale comportamento veniva classificato come forma di distribuzione indiretta di utili o di avanzi di gestione, con il DLgs 36/2021 tale preclusione non c’è più nel momento in cui tali prestazioni sono svolte in diretta attuazione di quelle principali.
C’è infine un altro aspetto da esaminare. Nella definizione di attività principali sono contemplate l’attività competitiva/agonistica, la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica. Cosa si deve intendere con assistenza all’attività sportiva dilettantistica escludendo che vi rientri la didattica, formativa, gli allenamenti (che potremmo equiparare alla preparazione sportiva) e l’organizzazione di manifestazioni competitive o agonistiche?
Arsea Comunica n. 115 del 18/07/2023
a) l’attività sia svolta da associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, iscritte nell'apposito registro, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno: l’agevolazione riguarda pertanto particolari associazioni di promozione sociale;
b) tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali;
c) tale attività sia effettuata nei confronti degli iscritti, dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, di altre associazioni di promozione sociale che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali,
d) per lo svolgimento di tale attività non ci si avvalga di alcuno strumento pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dai soggetti indicati al punto precedente (novità rispetto a quanto previsto dall’art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi).
[ii] Questa agevolazione è contenuta nell’art. 85 del DLgs 117/2017 e sarà applicabile dall’esercizio successivo a quello di acquisizione dell’autorizzazione dell’Unione europea ma nei contenuti è analoga a quanto previsto dall’articolo 148 del testo unico delle imposte sui redditi
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