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Lavoro sportivo: l’audizione di Mancino, presidente della commissione fisco del CONI

Mercoledì primo marzo è stato audito dopo il presidente del CONI Malagò, il presidente della commissione fisco del CONI Andrea Mancino nell’ambito dell'indagine conoscitiva sulle tematiche afferenti al lavoro sportivo, riprendendo e approfondendo i contenuti dell’intervento di Malagò.

Si sintetizzano qui i contenuti dell’intervento con note a margine, rinviando per un esame esaustivo alla registrazione dell’intervento su https://webtv.camera.it/evento/21860.

Mancino osserva l’impellenza dell’entrata in vigore della riforma anche alla luce delle recenti numerose sentenze della Corte di Cassazione che hanno contestato il ricorso al c.d. compenso sportivo ravvedendo spesso la sussistenza dei requisiti di professionalità che ne inibiscono l’utilizzo.

Come tutte le riforme ritiene però opportuna una “messa a terra”, attraverso l’analisi delle incongruenze che è possibile correggere entro giugno.

Afferma che i costi non sono quelli previdenziali (con la riduzione al 50%, sono irrisori. Oggi con il compenso a 15.000 il collaboratore percepirebbe di più di netto) ma quelli assistenziali atteso che la liquidazione dell’INAIL si fonda su un minimale unico che prescindendo dall’entità del compenso inciderebbe sui compensi medio-bassi in misura superiore alla contribuzione previdenziale. È pertanto necessario aprire un confronto con l’INAIL.

Si ritiene opportuno evidenziare che si parla di lavoratori sportivi con riferimento a persone tesserate e quindi già soggette a tutela assicurativa, aspetto che sembra non sia stato preso in debito conto.

È necessario un tavolo di confronto anche con l’INPS: sarebbe più opportuno introdurre sgravi contributivi a carico dello Stato in luogo del dimezzamento al 50% dell’imponibile fino al 2027 atteso che questa soluzione non garantisce effettive tutele previdenziali ai lavoratori. Ovviamente questa soluzione avrebbe un maggior costo per lo Stato però.

Ritiene inoltre necessario considerare l’impatto della legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro una volta affermata la natura di prestazione lavorativa.

Si ricorda infatti che attualmente i percettori compensi sportivi[i] così come i volontari sono assimilati ai liberi professionisti[ii] in termini di adempimenti da espletare per cui il committente è tenuto a:

1) fornire ai lavoratori autonomi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti in cui è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività;

2) adottare le misure utili ad eliminare/ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del lavoratore autonomo e altre attività svolte dal personale retribuito e/o volontario.

Nel momento in cui vengono viceversa qualificati come collaboratori coordinati e continuativi che operano presso la sede del committente, si applica loro integralmente il Decreto Legislativo 81/2005[iii].

Ritiene altresì necessario delimitare le figure che possono essere qualificate come lavoratori sportivi atteso che si tratta di un rapporto di lavoro speciale agevolato.

In primo luogo, come Malagò, ritiene necessario identificare l’attività sportiva che rappresenta presupposto di applicazione delle norme speciali, affermando che debba restare in capo al CONI il riconoscimento delle organizzazioni sportive e che debba restare nella responsabilità degli organismi sportivi affilianti la certificazione delle attività svolte. In questo momento tale funzione è attribuita al Registro delle attività sportive dilettantistiche la cui iscrizione avviene ex ante mentre la certificazione delle attività non può che avvenire ex post. In realtà le informazioni vengono fornite non dall’organizzazione sportiva affiliata ma dall’organismo sportivo affiliante che interagisce con tale registro per cui questa necessità è già osservata.

Mancino rileva come Malagò che la definizione di sport fornita dal legislatore sarebbe troppo generica, ritenendo viceversa che l’elenco delle discipline sportive elaborato dal CONI abbia avuto l’effetto di selezionare le vere realtà sportive da quelle che a suo parere non lo sarebbero.

Solleva inoltre un tema delicato: ai sensi del DLgs 36/2021 per associazione o società sportiva dilettantistica si intende “il soggetto giuridico affiliato ad una Federazione Sportiva Nazionale, ad una Disciplina Sportiva Associata o ad un Ente di Promozione Sportiva che svolge, senza scopo di lucro, attività sportiva, nonché la formazione, la didattica, la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica”. Ciò significa che il sodalizio debba svolgere tutte e tre le attività indicate come qualificanti una organizzazioni sportive – quali le attività agonistiche, didattiche e formative o, come ritiene Mancino, che sia sufficiente svolgere una sola delle tre attività?

In realtà il correttivo ha introdotto all’articolo 38 il comma 1bis ai sensi del quale “1-bis. L'area del dilettantismo comprende le associazioni e le società di cui agli articoli 6 e 7, inclusi gli enti del terzo settore di cui al comma 1-ter, che svolgono attività sportiva in tutte le sue forme, con prevalente finalità altruistica, senza distinzioni tra attività agonistica, didattica, formativa, fisica o motoria”, proprio al fine di evidenziare che la qualifica sarebbe acquisita alternativamente allo svolgimento di attività agonistiche, didattiche, formative, fisiche o motorie. Sarebbe in ogni caso utile un provvedimento di prassi sul punto attesa la diversa formulazione della definizione di ASD/SSD.

In merito alla tipologia di inquadramento lavoristico, Mancino parte dalle pronunce della Corte costituzionale (si ricorda la sentenza 191/2003) che hanno affermato il principio di indisponibilità dei rapporti di lavoro in capo al legislatore per cui non è possibile affermare che un determinato rapporto sia di natura autonoma o subordinata essendo solo il giudice abilitato a valutare caso per caso, in base alle concrete modalità di realizzazione.

Il DLgs 36/2021 non viola tale precetto introducendo esclusivamente la presunzione della natura autonoma nella forma della collaborazione coordinata e continuativa quando l’impegno non sia superiore a 18 ore a cui si sommano le ore dedicate alle manifestazioni sportive. La presunzione implica una mera inversione dell’onere della prova per cui non è il committente/datore di lavoro a dover dimostrare la natura autonoma della collaborazione ma non lo lascia indenne da un eventuale contenzioso laddove si provi la sussistenza dei requisiti di eterodirezione o subordinazione gerarchica. Ritiene pertanto più tutelante parlare di lavoro subordinato introducendo agevolazioni previdenziali quali l’applicazione delle aliquote contributive delle collaborazioni coordinate e continuative fino ad un massimo di 25 mila euro annui, superati i quali si applicherebbe, sulla parte eccedente, l’aliquota del lavoro dipendente. Questo ovviamente necessiterebbe uno spostamento di competenza contributiva per i dipendenti del settore dall’attuale INPS gestione ex Enpals alla gestione separata INPS.

Ritiene inoltre che la definizione delle mansioni dei lavoratori sportivi debba essere coordinata dal CONI.

Si ricorda che per lavoratore sportivo si intende, ai sensi del DLgs 36/2021, “l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo. È lavoratore sportivo anche ogni tesserato, ai sensi dell'articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale​”.

Ricorda che a seguito della circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro 1/2016 le Federazioni sportive nazionali hanno elaborato il mansionario ma con differenze sostanziali tra Federazione e Federazione per cui sarebbe in questo caso necessario operare un coordinamento.

Con riferimento alle collaborazioni amministrativo – gestionali si evidenzia che non si tratta di lavoro sportivo ma sono ammesse alle medesime agevolazioni fiscali e contributive. Ritiene che questo ingeneri confusione anche rispetto alle aliquote contributive da applicare.

In realtà l’articolo 37 del DLgs 36/2021 prevede che “L'attività dei soggetti di cui al comma 1 – ossia le collaborazioni amministrativo gestionali - è regolata, ai fini previdenziali, dall'articolo 35, commi 2, 8-bis e 8-ter, e, ai fini tributari, quale che sia la tipologia del rapporto, dall'articolo 36, comma 6”. Ne consegue che:

1) hanno diritto all'assicurazione previdenziale e assistenziale attraverso l’iscrizione nella Gestione separata INPS;

2) l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche – quantificata nella misura del 24% per i chi risulti assicurato presso altre forme obbligatorie o nella misura del 25% (cui si sommano le aliquote aggiuntive) per chi è privo di altra assicurazione, sia nel caso di COCOCO che di titolari di partita iva - sono calcolate sulla parte di compenso eccedente i primi 5.000,00 euro annui;

3) fino al 31 dicembre 2027 la contribuzione al fondo di cui sopra è dovuta nei limiti del 50% dell'imponibile contributivo. L'imponibile pensionistico è ridotto in misura equivalente.

Ritiene opportuno non abolire l’art. 67, primo comma lettera m) riservando la qualifica di redditi diversi a quei rimborsi di modica entità, previa definizione del relativo importo massimo a giornata e all’anno. Si tratta in particolare di quei piccoli compensi riconosciuti a figure come arbitri e giudici di gara che la legge prevede debbano essere contrattualizzate dagli organismi sportivi, condizione pacifica quando si organizzano manifestazioni di alti livelli ma che rappresenta un onere eccessivo per le tante manifestazioni organizzate a livello locale direttamente dalle associazioni sportive e che implicano magari un impegno non superiore a dieci giornate in un anno.

Analoga necessità di semplificazione sarebbe necessaria con riferimento all’erogazione dei premi. La previsione della ritenuta a titolo di imposta del 20% è corretta ma bisogna prevedere una piccola quota di esenzione: si pensi alle gare con un premio di 100 euro. Prevedere la ritenuta significa imporre l’obbligo di certificazione e di predisposizione del modello 770.

Per concludere si rende necessario risolvere la questione dei dipendenti pubblici introducendo una specifica deroga come per i professori universitari in modo tale che la loro attività non sia subordinata ad autorizzazione ma a mera comunicazione all’amministrazione di appartenenza.

 

Arsea Comunica n. 52 del 7/03/2023

 



[i] Art. 3 comma 12 bis. “Nei confronti dei volontari di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266 , dei volontari che effettuano servizio civile, dei soggetti che svolgono attività di volontariato in favore delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, delle associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 39, e all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e delle associazioni religiose, dei volontari accolti nell'ambito dei programmi internazionali di educazione non formale, nonché nei confronti di tutti i soggetti di cui all' articolo 67, comma 1, lettera m), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 , e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21 del presente decreto. Con accordi tra i soggetti c le associazioni o gli enti di servizio civile possono essere individuate le modalità di attuazione della tutela di cui al primo periodo. Ove uno dei soggetti di cui al primo periodo svolga la sua prestazione nell'ambito di un'organizzazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggetto dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua attività. Egli è altresì tenuto ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell'ambito della medesima organizzazione”.

[ii] 1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230 bis del Codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell'articolo 2222 del Codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:

a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al titolo III;

b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;

c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.

2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:

a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;

b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.

[iii] Art. 3, comma 7, del DLgs 81

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