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Riforma dell'ordinamento sportivo: in Gazzetta Ufficiale il correttivo al decreto sul lavoro sportivo … e non solo.

Intraprendiamo un percorso di conoscenza del decreto legislativo 36/2021, recante riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo, alla luce delle significative modifiche apportate con il Dlgs 5 ottobre 2022, n. 163 apparso il due novembre in Gazzetta Ufficiale. Diversi interventi perché il provvedimento interviene in molteplici materie e presenta anche aspetti di dubbia interpretazione che richiedono approfondimenti.

A questo si aggiunge la circostanza che sulla sua entrata in vigore ci sono ancora dubbi: è prevista per il primo gennaio 2023 ma significative sono le pressioni per ottenerne la posticipazione che potrebbe essere formalizzata nella prossima legge di bilancio.

In questa sede ci limitiamo a sintetizzare alcuni aspetti fondamentali del correttivo, ossia:

1) chi può assumere la qualifica di organizzazione sportiva?

2) è necessario modificare lo statuto?

3) è possibile essere organizzazione sportiva ed ente del terzo settore?

4) come sarà la disciplina del lavoro nelle organizzazioni sportive?

 

Chi può assumere la qualifica di organizzazione sportiva?

L’elenco viene modificato. Fortunatamente vengono reintrodotte le cooperative sportive, vengono eliminate le società di persone e vengono introdotti gli enti del terzo settore tra cui, per esempio, le fondazioni enti del terzo settore.

Possono pertanto iscriversi potenzialmente nel registro delle attività sportive dilettantistiche (RAS) le seguenti tipologie di organizzazioni sportive:

a) associazione sportiva priva di personalità giuridica disciplinata dagli articoli 36 e seguenti del Codice civile;

b) associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato;

c) società di capitali e cooperative di cui al libro V, titoli V e VI, del Codice civile;

c-bis) enti del terzo settore costituiti ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, iscritti al Registro unico nazionale del terzo settore e che esercitano, come attività di interesse generale, l’organizzazione e la gestione di attività sportive dilettantistiche e sono iscritti al registro delle attività sportive dilettantistiche di cui all’articolo 10 del presente decreto.

Per assumere tale qualifica è quindi necessario essere iscritti nel citato RAS che, a sua volta, richiede come presupposto lo svolgimento delle seguenti attività:

-   attività sportiva, intesa come partecipazione ad attività competitive e agonistiche organizzate dagli organismi affilianti;

-   la formazione, intesa come la partecipazione ai percorsi di qualificazione indetti dagli organismi affilianti;

-   la didattica, intesa come la organizzazione di corsi sportivi;

-   la preparazione e l'assistenza all'attività sportiva dilettantistica, intesa come l’attività di allenamento degli atleti.

Si pone pertanto il problema della qualificazione come sportiva della organizzazione che si limita a promuovere attività didattiche sportive – come la ginnastica per la salute e per il fitness – così come dell’organizzazione che si limita alla preparazione degli atleti che partecipano alle manifestazioni agonistiche.

Su questo importante aspetto si attendono chiarimenti atteso che detto vincolo potrebbe portare alla cancellazione dal Registro di buona parte delle organizzazioni sportive.

Si tratta – ad onor del vero – di un problema che già sussisteva con il Regolamento del Registro CONI e su cui le contestazioni non sono state significative, disponiamo della documentazione relativa ad una sola associazione che ha subito questo tipo di verifica e di contestazione. Per approfondimenti si rinvia alla delibera del collegio di garanzia CONI che ha trattato il caso

https://www.coni.it/images/collegiodigaranzia/Decisione_n._29-2021_Ric._52-2020_-_Armony_Line-CONI_e_altri.pdf

Ci sarebbe da evidenziare che il correttivo al DLgs 36/2021 ha introdotto il comma 1bis dell’articolo 38 ai sensi del quale “1-bis. L'area del dilettantismo comprende le associazioni e le società di cui agli articoli 6 e 7, inclusi gli enti del terzo settore di cui al comma 1-ter, che svolgono attività sportiva in tutte le sue forme, con prevalente finalità altruistica, senza distinzioni tra attività agonistica, didattica, formativa, fisica o motoria” e che la scelta della locuzione “senza distinzioni” potrebbe viceversa far emergere la volontà di riconoscere le organizzazioni sportive dilettantistiche a condizione che svolgano una delle attività elencate. Sarebbe però opportuna una circolare ministeriale per poter risolvere questo delicato tema.

Si ricorda che l’iscrizione al RAS viene curata dall’organismo sportivo affiliante sulla base delle informazioni fornite dall’affiliata. Per i sodalizi che erano già iscritti nel Registro CONI nella passata stagione sportiva, è possibile in autonomia aprire la propria utenza è scaricare il documento attestante l’iscrizione.

Si accede dal sito https://registro.sportesalute.eu dove cliccare sul tasto in homepage “Crea un’utenza come legale rappresentante di ASD/SSD”. Si inseriscono il codice fiscale del legale rappresentante e quello dell’ASD/SSD e, a seguito della procedura guidata che richiede di:

1) compilare i dati anagrafici e di contatto del legale rappresentante;

2) scaricare il modulo per la dichiarazione sostitutiva, firmarlo, compilarlo e ricaricarlo online;

3) caricare il documento di identità del legale rappresentante;

4) salvare e confermare il completamento della richiesta account;

l’utente riceve istruzioni via e-mail per la creazione della password con cui accedere e scaricare infine il documento di iscrizione nel RAS.

Ulteriore requisito è rappresentato dall’inserimento in statuto di alcuni vincoli normativi.

 

È necessario modificare lo statuto?

Nella maggior parte dei casi la risposta è affermativa. Seppur il provvedimento in esame non stravolga i vincoli già contemplati dall’articolo 90 della Legge 289/2002 se ne discosta in parte.

È infatti necessario indicare espressamente nell’oggetto sociale la circostanza di svolgere in modo stabile e principale l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche, ivi comprese la formazione, la didattica, la preparazione e l’assistenza all’attività sportiva dilettantistica.

È altresì necessario specificare in statuto la circostanza di voler svolgere attività diverse da quelle sportive, purché nei limiti della secondarietà e strumentalità secondo criteri che devono essere ancora definiti, sempreché lo si ritenga opportuno. Tale possibilità potrebbe essere prevista già dagli statuti nella parte descrittiva delle risorse economiche dell’ente mentre è sicuramente prevista negli statuti delle organizzazioni sportive che siano anche enti del terzo settore.

È necessario verificare se si è inserita nello statuto la clausola della incompatibilità in quanto la disciplina contenuta nel decreto 36 si distingue dalla disciplina contenuta nell’articolo 90 della Legge 289/2022 in due aspetti:

1) viene esplicitato che l’incompatibilità di configura con riferimento a qualsiasi carica rivestita all’interno dell’organo amministrativo;

2) si configura quando si ricopre la carica in due organizzazioni aderenti al medesimo ente di promozione sportiva anche se le organizzazioni promuovono discipline sportive diverse.

La norma non prevede un termine entro cui effettuare la modifica e la necessità è in ogni caso legata alla operatività del decreto legislativo 36/2021.

 

È possibile essere organizzazione sportiva ed ente del terzo settore?

La risposta è sì. Il correttivo evidenzia che gli enti del terzo settore sono soggetti esclusivamente alle disposizioni relative allo svolgimento dell’attività sportiva e per quanto concerne gli altri aspetti, solo se compatibili con la disciplina del terzo settore.

Anche nella definizione dell’oggetto sociale viene riconosciuta la peculiarità degli enti del terzo settore sportivi: non sono infatti tenuti ad affermare che l’attività sportiva è quella prevalente ben potendo svolgere anche altre attività di interesse generale.

Ovviamente l’assunzione – o il mantenimento – della qualifica di ente del terzo settore è subordinato alla verifica che l’organizzazione persegua finalità di natura civica, solidaristica e di utilità sociale. Se si tratta di una associazione di promozione sociale è altresì necessario verificare la sussistenza dei seguenti requisiti:

1) che l’attività sia svolta prevalentemente con l’apporto gratuito degli associati;

2) che l’eventuale presenza di dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi sia inferiore, alternativamente, a:

a) il 5% del totale degli associati;

b) il 50% dei volontari continuativi attivi.

Non tutto è chiaro però. Le organizzazioni sportive possono non computare – ai fini del rapporto tra attività di interesse generale e attività diverse - i proventi derivanti da sponsorizzazioni, contratti promopubblicitari, cessione di diritti e indennità legate alla formazione degli atleti nonché dalla gestione di impianti e strutture sportive. Sarà concesso anche agli enti del terzo settore sportivi o questi devono necessariamente circoscriverle nei limiti delle attività secondarie, così come definite dal decreto 19 maggio 2021, n. 107?

È bene evidenziare che molti impianti sportivi pubblici sono affidati ad organizzazioni sportive perché ne garantiscano la fruizione da parte della collettività: se i relativi introiti dovessero essere computati nel parametro delle attività diverse, gli enti del terzo settore di natura sportiva potrebbero trovarsi nella condizione di non poter più realizzare questa forma di collaborazione con la pubblica amministrazione.

Un aspetto del decreto legislativo 36/2021 che confliggeva con il codice del Terzo settore era rappresentato dall’introduzione della figura dell’amatore come alternativa a quella del percettore compensi sportivi. Il decreto lo qualificava infatti come volontario a cui potevano essere riconosciuti rimborsi spese forfettari, circostanza incompatibile con il codice del Terzo settore. Il problema è stato risolto con l’abrogazione della figura dell’amatore.

 

Come sarà la disciplina del lavoro nelle organizzazioni sportive?

Le organizzazioni sportive potranno avvalersi di:

1) volontari, a cui può essere riconosciuto un rimborso a piè di lista (solo i volontari degli enti del terzo settore potranno eventualmente accedere al rimborso in autocertificazione),

2) lavoratori sportivi,

3) collaboratori amministrativo-gestionali e

4) lavoratori soggetti all’ordinaria disciplina.

Per quanto concerne i lavoratori si evidenziano tre aspetti:

1) rimane immutata la norma che garantisce alle organizzazioni sportive la possibilità di avvalersi di collaborazioni coordinate e continuative “rese a fini istituzionali” senza che queste siano attratte nella disciplina del lavoro subordinato ancorché siano etero – organizzate dal committente (art.2 del DLgs del 15/06/2015 n. 81);

2) i lavoratori sportivi sono soggetti ad una disciplina speciale. La qualifica di “lavoratore sportivo” non è propria però di tutti i collaboratori retribuiti ma vi rientrano esclusivamente l'atleta, l'allenatore, l'istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l'attività sportiva verso un corrispettivo (nonché) ogni tesserato, ai sensi dell’articolo 15, che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale;

3) le collaborazioni amministrativo-gestionali non sono prestazioni di lavoro sportivo ma accedono ad agevolazioni fiscali e previdenziali.

Per comprendere le ragioni della riforma delle collaborazioni in ambito sportivo è necessario analizzare il contesto in cui nasce.

La maggior parte delle organizzazioni sportive si è avvalsa negli anni del c.d. compenso sportivo, un istituto qualificato sotto il profilo fiscale come reddito diverso – in quanto non riconducibile a prestazione di natura professionale o da lavoro dipendente – non soggetto ad oggi a ritenute fiscali fino a dieci mila euro annui complessivi e non soggetto, per prassi degli istituti preposti, a contribuzione previdenziale e assicurativa. Essendo privo di una definizione giuslavoristica, l’istituto è stato soggetto ad interpretazioni non uniformi tra chi affermava la possibilità di qualificarlo come rapporto di lavoro speciale, diverso da quello autonomo e subordinato, e la Cassazione che lo ha qualificato come lavoro da assoggettare a tutele previdenziali e assicurative quando la prestazione presenta i connotati della professionalità, ancorché caratterizzata dalla marginalità del reddito prodotto (orientamento ormai consolidato da molteplici sentenze emanate tra la fine del 2021 ed il 2022).

Si avvertiva pertanto la necessità sia di disporre di un quadro normativo chiaro, per non lasciare le organizzazioni nel limbo del contenzioso, che di garantire tutele ai lavoratori dello sport, una necessità esplosa durante il periodo pandemico.

 

Quali lavoratori sportivi nel settore dilettantistico?

Il provvedimento prevede che nella maggior parte dei casi i lavoratori sportivi potranno essere qualificati come collaboratori coordinati e continuativi. Se l’impegno è inferiore alle diciotto ore settimanali – a cui si somma l’impegno per manifestazioni sportive – viene prevista una presunzione di legge di tale natura. Per impegni superiori si consiglia invece di ricorrere alla certificazione del contratto.

Questi lavoratori saranno tutelati dall’INAIL, beneficeranno della copertura previdenziale presso la gestione separata INPS ma solo sul plafond superiore a 5.000 euro percepito (l’aliquota è del 25%, 24% se hanno una diversa tutela previdenziale, con riduzione al 50% fino al 2027 e con il consueto riparto di 2/3 a carico del committente, 1/3 a carico del collaboratore), avranno accesso alle tutele relative a malattia, maternità e disoccupazione ed infine verseranno l’IRPEF esclusivamente sull’importo che supera i 15.000 euro.

Il provvedimento introduce inoltre semplificazioni per gli adempimenti legati ai collaboratori coordinati e continuativi: l’organizzazione sportiva con riferimento a chi non percepisce più di 5.000 euro è esonerata sia dalla comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto che dalla comunicazione mensile all’INPS dei dati retributivi e delle informazioni utili al calcolo dei contributi, nessuna busta paga inoltre deve essere emessa per chi non supera i 15.000 euro. Chi viceversa deve espletare tali adempimenti potrà farlo attraverso il Registro delle attività sportive nel rispetto di disposizioni tecniche e protocolli informatici che dovranno essere definiti con un decreto da adottare entro il primo aprile 2023.

Per quanto concerne invece la categoria dei lavoratori dipendenti, viene previsto che il contratto sia a tempo determinato: massimo cinque anni, eventualmente prorogabili. Il dipendente non sarà tutelato da diverse disposizioni contenute nello statuto dei diritti dei lavoratori per la peculiarità della prestazione e per l’incidenza che riveste l’ordinamento sportivo su tutti gli aspetti sanzionatori. Per quanto concerne la tutela previdenziale è previsto il versamento al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (ex Enpals) gestito dall'INPS (33% di cui il 9,19% a carico del dipendente, a cui si sommano le aliquote minori).

I collaboratori amministrativo – gestionali non sono infine qualificati come lavoratori sportivi ma ad essi si applicano le agevolazioni fiscali e previdenziali previste per le collaborazioni coordinate e continuative. Non trattandosi di lavoratori sportivi non è operativa nei loro confronti la presunzione della natura di collaborazione coordinata e continuativa per cui sarebbe opportuno certificare i contratti e in ogni caso la presenza di indicatori di subordinazione gerarchica determina la conversione del rapporto in lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Il provvedimento introduce novità anche per i dipendenti pubblici: possono svolgere attività di volontariato previa comunicazione. Se vengono retribuiti si tratta di lavoro, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, soggetto all’autorizzazione da parte dell’amministrazione di appartenenza.

Si segnala infine l’introduzione di due disposizioni di salvaguardia:

1) per i rapporti di lavoro sportivo iniziati prima del termine di operatività del DLgs 36/2021 e inquadrati come compensi sportivi non si dà luogo a recupero contributivo;

2) le figure degli istruttori presso impianti e circoli sportivi di qualsiasi genere, dei direttori tecnici, e degli istruttori presso società sportive (…) già iscritte presso il Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo hanno diritto di optare, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, per il mantenimento del regime previdenziale già in godimento.

 

Arsea Comunica n. 143 del 9/11/2022

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