Partiamo da questo quesito per ricostruire normativa e prassi in materia: qui di seguito la risposta.
Buongiorno Signora …..,
le associazioni di promozione sociale devono rispettare due vincoli:
1) "Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati, di loro familiari o di terzi di una o più attività di cui all'articolo 5, avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati" (art. 35 del codice del terzo settore).
Da ciò consegue che a fronte di 10 persone retribuite ci devono essere almeno 11 volontari;
2) "Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, fatto comunque salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 5, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero degli associati" ( art. 36 del codice del terzo settore ).
Ai fini del rispetto dei rapporti percentuali riportati nelle medesime disposizioni del CTS - chiarisce il Ministero del Lavoro nella nota n. 18244 del 30/11/2021 - "occorre individuare con chiarezza il concetto di lavoratore ivi richiamato: soccorre in tal senso la previsione di cui all’articolo 8, comma 6, lettera r) del D.M. n. 106 del 15.9.2020, con riguardo alle procedure di iscrizione al RUNTS, nella quale si è ritenuto di limitare il computo ai soggetti dotati di una posizione previdenziale, quindi ai lavoratori dipendenti e ai parasubordinati, tenendo conto della maggior stabilità e continuità dei rapporti che li riguardano, con esclusione pertanto dei lavoratori occasionali o di quanti svolgono una tantum prestazioni lavorative di carattere autonomo. Difatti, l’inclusione anche di questi ultimi tra i lavoratori (ovvero al numeratore del rapporto lavoratori/volontari di cui alla norma) potrebbe comportare l’equiparazione di situazioni recanti oggettiva disomogeneità".
Ne consegue che il numero di dipendenti e di collaboratori coordinati e continuativi soggetti ad INAIL non dovrà essere alternativamente superiore a:
1) il 5% del totale degli associati;
2) il 50% dei volontari iscritti nel registro volontari, si ritiene i volontari continuativi
e che non devono essere computati:
1) lavoratori autonomi occasionali;
2) prestatori di lavoro occasionale;
3) titolari di partita iva;
4) percettori di indennità di carica;
5) collaboratori coordinati e continuativi privi di tutela INAIL.
Per la quantificazione dei volontari si utilizza il criterio capitario, come chiarito dal Ministero del Lavoro nella citata nota 18244/2021, a prescindere dal numero di ore impegnate nell’attività.
Arsea Comunica n. 102 del 11/7/2022
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