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Enti non commerciali e IVA: le possibili novità all’orizzonte

In sede di conversione del DL 21/10/2021 n. 146 è stato introdotto un emendamento che introduce importanti novità per gli enti non commerciali di tipo associativo, quali:

1. l'abrogazione di parte dell’art. 4 del DPR IVA che assicura ad alcune prestazioni rese da enti non commerciali di natura associativa il regime di non assoggettamento ad IVA;

2. l'introduzione del regime di esenzione iva per alcune delle prestazioni oggi non soggette ad IVA ex art. 4 con le seguenti peculiarità:

a) l’esenzione è in ogni caso subordinata alla circostanza di “non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA”;

b)   i settori di operatività dell’esenzione non coincidono con quelli ammessi al regime di non assoggettamento ad IVA, in particolare:

1) con riferimento al settore sportivo non vengono menzionate le società sportive dilettantistiche come beneficiarie del regime di esenzione IVA. Oggi le SSD beneficiano del medesimo trattamento fiscale riconosciuto alle ASD in virtù dell'art. 90 della Legge 289/2002, ancorché non sia mai stato. L'emendamento non riprende neppure la formulazione della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (sistema comune d’IVA) il cui art. 132 prevede che “1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: m) talune prestazioni di servizi strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica, fornite da organismi senza fini di lucro alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica”. La formulazione della norma esclude quindi irragionevolmente le SSD, le imprese sociali e altri eventuali soggetti che senza fini di lucro possono promuovere attività sportive quando l’art. 133 della Direttiva consente il ricorso all’agevolazione anche alla sola condizione che il contribuente non abbia per fine la ricerca sistematica del profitto;

2) vengono eliminate le agevolazioni IVA relativamente all'attività di somministrazione di alimenti e bevande oggi riconosciute agli enti non commerciali di natura associativa affiliati ad Enti nazionali le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero del Lavoro quando svolgono tale attività:

- nei locali in cui realizzano le attività istituzionali,

- a esclusivo beneficio dei soci tesserati,

- in misura strumentale e complementare all'attività istituzionale,

- con il divieto di pubblicizzazione all'esterno;

3) viene introdotta l'esenzione IVA con riferimento alla somministrazione di alimenti e bevande nei confronti di indigenti da parte delle associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, sempreché tale attività di somministrazione sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e sia effettuata presso le sedi in cui viene svolta l'attività. In primo luogo, non si comprende per quale motivo circoscriverla alle APS le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero del Lavoro, trattandosi di attività tipica delle organizzazioni di volontariato e delle attuali ONLUS. In secondo luogo, l'attività diretta agli indigenti è più quella di ristorazione/mensa sociale, non quella di somministrazione di alimenti e bevande che si deve ridurre ad attività in cui non mutano le caratteristiche organolettiche del prodotto quindi l'attività tipica del bar;

4) viene meno l’agevolazione IVA per la cessione di pubblicazioni;

3. viene introdotto un nuovo regime transitorio per organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale: dal 1/1/2022 all'esercizio successivo a quello di acquisizione dell'autorizzazione della Commissione europea rispetto alle novità fiscali introdotte dal Codice del Terzo Settore (DLgs 117/2017), le APS e le ODV sarebbero ammesse al regime fiscale dei forfettari (ex art. 1, commi da 58 a 63, della legge 23 dicembre 2014, n. 190). Cambiare il regime fiscale verosimilmente per un anno non ha senso: le associazioni di promozione sociale possono oggi continuare a beneficiare dell’attuale forfetizzazione delle imposte contemplata dalla Legge 398/1991 mentre le organizzazioni di volontariato possono continuare a beneficiare del regime di non assoggettamento ad IVA ex art. 8 della Legge 266/1991. Anche la formulazione della norma non è chiara non essendo raccordata con l’abrogazione delle disposizioni prima citate.

L’eventuale entrata in vigore di tale emendamento implicherebbe:

- un limitato incremento di gettito fiscale rappresentato dall’IVA sulla somministrazione di alimenti e bevande, sulla cessione di pubblicazioni e sui servizi sportivi resi da società sportive dilettantistiche;

- l’incertezza di un contenzioso atteso che il regime di esenzione IVA viene subordinato alla circostanza di “non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'IVA”, condizione che potrebbe essere diversamente interpretata dagli organi accertatori;

- un importante aggravio gestionale per le associazioni senza scopo di lucro. È opportuno ricordare che gli enti senza scopo di lucro in Italia sono prevalentemente piccole realtà. Le entrate derivanti dalla gestione 2010 evidenziano che il 59,2% degli ENTI NON PROFIT, cooperative ed imprese sociali incluse, non supera i 50.000 euro di ricavi complessivi (indagine UNICREDIT FOUNDATION). Molte realtà non sarebbero pertanto in grado di sostenere i costi dell’assistenza necessaria nel momento in cui una prestazione da non soggetta ad iva diventa esente iva (l’apertura della partita iva implica maggiori oneri contabili e nuovi adempimenti dichiarativi anche in assenza di imposta da liquidare). I maggiori oneri contabili non sono tra l’altro necessari per garantire una maggiore trasparenza gestionale attesa l’introduzione dell’obbligo per gli enti del terzo settore di depositare il bilancio nel registro unico nazionale. A ciò si aggiunge la circostanza che i corrispettivi specifici versati dai soci – ancorché non soggetti ad imposte dirette e ancorché esenti da IVA – concorrerebbero al plafond dei proventi per essere ammessi, o meno, a regimi fiscali forfettari per cui associazioni oggi ammesse per esempio al regime di cui alla Legge 398/1991 potrebbero non rispettare più il plafond massimo di proventi tra attività decommercializzate ai fini delle imposte sui redditi ma rilevanti, ancorché esenti, ai fini iva unitamente all’attività commerciale esercitata;

- molte realtà riescono a sopravvivere grazie agli introiti derivanti dalla somministrazione di alimenti e bevande che perderebbe i benefici fiscali ai fini IVA;

- le organizzazioni senza scopo di lucro hanno subito profondamente le restrizioni legate al COVID 19 e si trovano ora a gestire i nuovi adempimenti introdotti dal Codice del terzo settore e, per quanto concerne il mondo sportivo, anche l’incognita della relativa riforma: un ulteriore aggravio gestionale potrebbe determinare la chiusura di molte realtà che, si ricorda, sono prevalentemente fondate sull’attività di volontariato dei relativi dirigenti.

 

Quando si deciderà?

La questione dovrebbe essere decisa entro il 20 dicembre.

 

Per quale motivo è stato introdotto questo emendamento?

L’Italia ha ricevuto dalla Commissione europea la notifica della procedura di infrazione n. 2008/2010 ex art. 258 del TFUE per “Non corretto recepimento della Direttiva 2006/112/CE (Direttiva IVA)”.

Con tale procedura la Commissione ha contestato le modalità di recepimento della soggettività passiva nell’articolo 4 del D.P.R. IVA ed in particolare l’aver messo fuori campo operazioni che tutt’al più avrebbero dovuto essere esentate o anche, in alcuni casi, l’eccessivo allargamento della fattispecie posta fuori campo rispetto alla fattispecie che avrebbe dovuto essere esentata.

 

Si tratta di una novità?

In realtà no. Anche l'anno scorso hanno provato ad introdurre analoga previsione con l’articolo 108 della legge di Bilancio, poi opportunatamente abrogato.

 

Arsea Comunica n. 135 del 7/12/2021 

 

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