In prossimità della scadenza dei termini per la presentazione delle domande di accesso al contributo a fondo perduto (in seguito CFP) introdotto dal DL Sostegni, l’Agenzia delle entrate ha pubblicato in data 14/05/2021 la circolare 5/E fornendo “chiarimenti ai fini della fruizione dei contributi a fondo perduto previsti dai commi da 1 a 9 del Decreto-Legge 22 marzo 2021, n. 41”.
Il provvedimento nelle sue 36 pagine fornisce, organizzandoli per macroargomenti, risposte specifiche ai quesiti giunti nel corso delle ultime settimane da parte degli ordini professionali.
Per quanto riguarda i chiarimenti forniti in via generale a tutti i contribuenti, e di interesse anche per il mondo associativo, si possono evidenziare le seguenti interpretazioni:
- Il CFP Decreto Sostegni, così come le agevolazioni previgenti di analoga tipologia, non concorrono alla determinazione del volume d’affari massimo per l’accesso al CFP, non devono essere considerati al fine del calcolo della riduzione del fatturato medio mensile e non sono da includere tra i ricavi di cui alle soglie dimensionali per la determinazione delle percentuali di calcolo del CFP;
- L’esclusione dai parametri di calcolo sopra citati vale anche per le altre misure agevolative finalizzate al contrasto degli effetti della pandemia COVID-19, quali: il credito d’imposta per canoni di locazione ad uso non abitativo, per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e l’acquisto di dispositivi di protezione.
È stata poi fornita una risposta specifica (quesito 4.1 – pag. 27) riferita alle associazioni sportive dilettantistiche, ma di interesse anche per tutte le altre realtà associative. Nel quesito ci si interroga se i corrispettivi dell’attività istituzionale, rientranti fiscalmente negli artt. 148 comma 3 del TUIR e 4 del Dpr 633/1972 ed in quanto tali definiti dalle norme citate come strutturalmente commerciali ma non imponibili fiscalmente, potessero essere inclusi ai fini della determinazione del CFP del decreto Sostegni.
La risposta dell’Agenzia delle entrate nega questa possibilità, come era scontato che succedesse, anche sulla base delle interpretazioni già fornite nella propria circolare 22/E del 21/07/2020 in merito al CFP decreto Rilancio, nella quale aveva chiarito che “al fine di determinare i ricavi per poter fruire del contributo, si ritiene che per gli enti non commerciali debbano essere considerati i soli ricavi con rilevanza ai fini IRES. Sono, pertanto, esclusi i proventi che non si considerano conseguiti nell’esercizio di attività commerciali nonché quelli derivanti da attività aventi i requisiti di cui al comma 3, dell'articolo 148 TUIR, svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali”.
Se fino a questo punto la risposta poteva ritenersi, purtroppo, assolutamente scontata, l’estensore della risposta però si premura di aggiungere una ulteriore specificazione di cui francamente non si capisce quale possa essere la ratio logica ed interpretativa.
Infatti, viene affermato che per analogia a quanto previsto dalla circolare 22/E “per la sola parte relativa all'attività commerciale, le associazioni di promozione sociale devono verificare di non aver conseguito nel 2019 ricavi in misura superiore a 5 milioni di euro e di aver avuto una riduzione di fatturato o dei corrispettivi del mese di aprile 2020 inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019”, e che “Tali chiarimenti, in considerazione della ratio del «CFP COVID-19 decreto sostegni» risultano estensibili anche all’agevolazione qui in esame”.
Con tale affermazione si vorrebbe intendere che, di punto in bianco e per interpretazione dell’Agenzia delle entrate e contro il dettato letterale normativo, la soglia di fatturato per l’accesso al CFP decreto Sostegni scende improvvisamente per le associazioni da 10 a 5 milioni di euro, ma, cosa ancora più incomprensibile, che l’accesso al contributo non è vincolato solo al riscontro del calo di almeno il 30% dei ricavi medi mensile del 2020 rispetto a quelli del 2019, ma che vada rispettato anche il diverso vincolo previsto dal CFP decreto Rilancio del calo del 33% del fatturato del mese di aprile 2020 rispetto a quello di aprile 2019.
Questa affermazione, se fosse vera, avrebbe dovuto trovare un riscontro, ai fini degli opportuni controlli di merito, anche nella modulistica approvata dalla stessa Agenzia delle entrate con proprio provvedimento del 23 marzo 2021, ma nella quale non si trova alcuna traccia.
Per quanto i rinvii interpretativi alla circolare 22/E siano legittimi, questi sono possibili solo “tenuto conto delle differenze del «CFP COVID-19 decreto sostegni» rispetto al contributo a fondo perduto disciplinato dall’articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020 (ndr: decreto Rilancio)”, come affermato nelle premesse della stessa circolare 5/E.
Considerazioni finali
Tutto questo potrebbe anche solo far sorridere le associazioni ritenendo tale interpretazione fuori da ogni logica e quindi non applicabile, ma come purtroppo sanno le associazioni in regime forfettario L. 398/1991 le domande dei CFP decreto Sostegni che sono state presentate dal 30 marzo scorso sono perlopiù in uno stato di sospensione “per incoerenza fatturato-corrispettivi” per l’impossibilità da parte dell’Agenzia delle entrate di effettuare i previsti controlli visto l’esonero di tali associazioni dagli obblighi di trasmissione delle Liquidazioni periodiche Iva, delle dichiarazioni annuali IVA e dalla trasmissione dei corrispettivi per via telematica, e in taluni casi anche dall’emissione delle fatture elettroniche.
Cosa succederà quindi se l’Agenzia delle entrate non troverà una soluzione a tale stallo che causa la sospensione? Le associazioni dovranno presentare Istanze di autotutela per dimostrare la spettanza del CFP? E se questa dovesse essere la soluzione siamo così sicuri che i funzionari dell’Agenzia delle entrate deputati a verificare tali istanze potranno disattendere l’interpretazione fornita dalla circolare 5/E?
Arsea comunica n. 48 del 17/05/2021
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