Il Codice del Terzo
Settore (art. 17 del Dlgs 117/2017[i]) ha
avuto il pregio di definire la figura del volontario a prescindere
dall'organizzazione presso cui opera, affermando così che la presenza di
volontari in Enti del Terzo Settore debba considerarsi pacifica. Tale aspetto
non deve essere considerato scontato atteso che in fase di accesso da parte
dell’Ispettorato del Lavoro la presenza di volontari in diverse occasioni è
stata percepita come “corretta” solo nelle organizzazioni di volontariato.
Sulla disciplina del volontariato è di recente intervenuto il nota n. 214 del 9/7/2020: cogliamo quindi l’occasione per esaminare complessivamente la materia partendo dalle indicazioni ministeriali.
1. La definizione di volontario.
Se in passato la sua definizione era contenuta nella Legge quadro sulle organizzazioni di volontariato[ii] e a tale figura si faceva riferimento anche nella normativa in materia di associazioni di promozione sociale[iii], oggi abbiamo una definizione univoca per tutti gli Enti del Terzo Settore ma anche per la generalità delle associazioni senza scopo di lucro che pur operando in ambiti di interesse generale saranno assoggettate ad una normativa speciale e diversa, come nel caso delle associazioni sportive dilettantistiche che scelgono di non assumere la qualifica di Ente del Terzo Settore[iv].
La presenza di volontari rappresenta indicatore della genuinità del vincolo associativo laddove alcuni soci si rendono disponibili gratuitamente a promuovere attivamente la realizzazione delle finalità istituzionali dell’ente. Non abbiamo pertanto un rapporto tra operatori retribuiti e soci fruitori di un servizio ma una collaborazione resa dai diversi soci nel rispetto delle proprie competenze, attitudini e disponibilità di tempo.
Il Codice definisce il volontario come “una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà”.
L'attività del volontario non può pertanto essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono viceversa essere rimborsate dall'Ente del Terzo settore, tramite il quale svolge l'attività, le spese effettivamente sostenute e documentate per l'attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall'ente medesimo, restando pertanto vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
Non è tale l’eventuale rimborso erogato sulla base di un’autocertificazione rilasciata dal volontario ai sensi dell'articolo 46 del DPR 445/2000.
In questo caso l’associazione può limitarsi ad acquisire l’autocertificazione senza richiedere la consegna della singola pezza giustificativa (scontrino fiscale) purché:
1) l’importo del rimborso in autocertificazione non superi euro 10,00 al giorno ed euro 150,00 al mese;
2) l'organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso (normalmente l’assemblea dei soci in quanto organo deputato all'approvazione dei regolamenti associativi quando meno negli enti non commerciali di tipo associativo che possono e intendono fruire dell’agevolazione ai fini IVA di cui all'art. 4 del relativo Decreto).
Non possono accedere a questa forma di rimborso le organizzazioni che operano nel settore della donazione di sangue e di organi.
2. A quali volontari non si applica la disciplina contenuta nel Codice del Terzo Settore?
Si evidenzia che in alcuni settori prevale la legislazione speciale rispetto alla normativa del Codice del Terzo Settore: il volontariato del servizio civile viene disciplinato dalla Legge 64/2001 e dal DLgs 40/2017, se sono operatori di organizzazioni internazionali si applica la Legge 125/2014 mentre se sono volontari del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico si applica la Legge 74/2001. A tali volontari pertanto non si applica la disciplina di seguito esaminata.
3. Volontariato e rapporti di lavoro.
Il Codice prevede che “5. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli operatori che prestano attività di soccorso per le organizzazioni di cui all'articolo 76 della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, della Provincia autonoma di Bolzano e di cui all'articolo 55 bis della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23, della Provincia autonoma di Trento”.
La disposizione richiamata quindi non è applicabile con riferimento agli operatori del soccorso appartenenti alla Croce Rossa delle province autonome di Trento e Bolzano e alla Croce bianca limitatamente alla provincia di Bolzano.
La disposizione, come specificato nella Relazione illustrativa al Codice, nasce “a tutela del volontario e al fine di evitare abusi”: l’assoluta incompatibilità nasce pertanto dalla presunzione che il collaboratore di un Ente del Terzo Settore possa sentirsi costretto a rendersi disponibile al di fuori dell’orario di lavoro o che il dipendente part time si trovi a lavorare in realtà full time con percezione del c.d. fuori busta, senza quindi il corretto versamento delle ritenute fiscali e previdenziali.
“I componenti l’Organo di amministrazione devono essere volontari, sono volontari o possono essere volontari?” abbiamo dedicato uno specifico approfondimento in Arsea Comunica n. 110 del 13/07/2020. Si evidenzia che nella nota in commento il Ministero assicura la possibilità per i componenti l’Organo di amministrazione di essere computati tra i volontari mentre la norma esclude tale possibilità nei confronti del socio che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni.
4. La promozione del volontariato
Il Codice del Terzo Settore prevede che
“6 bis. I lavoratori subordinati che intendano svolgere attività di volontariato in un ente del Terzo settore hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale”.
Questa disposizione prende quindi in considerazione chi svolge attività di lavoro subordinato e presta, per terzi, attività di volontariato. Non si tratta – come evidenziato dal Ministero del Lavoro nella nota in commento – di un’eccezione al principio di incompatibilità tra lavoro e volontariato.
Si evidenzia inoltre che il Codice valorizza l’esperienza del volontariato anche attraverso il riconoscimento di crediti formativi.
Sono a tal proposito attesi alcuni provvedimenti quali:
- il Decreto del Ministero del Lavoro che deve definire i criteri per il riconoscimento in àmbito scolastico e lavorativo delle competenze acquisite nello svolgimento di attività o percorsi di volontariato;
- il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che determina i crediti formativi per le esperienze di servizio civile o di servizio militare di leva o le attività di volontariato in enti del Terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale, per un numero di ore regolarmente certificate, rilevanti, nell'àmbito dell'istruzione o della formazione professionale, ai fini del compimento di periodi obbligatori di pratica professionale o di specializzazione, previsti per l'acquisizione dei titoli necessari all'esercizio di specifiche professioni o mestieri;
mentre le Università degli studi possono riconoscere crediti formativi, ai fini del conseguimento di titoli di studio da esse rilasciati, per attività formative prestate nel corso del servizio civile o militare di leva così come per l’attività di volontariato certificate nelle organizzazioni di volontariato o in altri enti del Terzo settore quando rilevanti per la crescita professionale e per il curriculum degli studi.
5. L’assicurazione ed il registro dei volontari.
L’articolo 18[v] del Codice del Terzo settore prevede che i volontari debbano essere assicurati “contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi”.
Si tratta quindi di una polizza che deve fare espresso riferimento all’attività di volontariato svolta.
La disposizione prevede che sarà emanato un Decreto ministeriale che definirà meccanismi assicurativi semplificati con polizze anche numeriche, ma il provvedimento non è stato ad oggi adottato.
Il Ministero del Lavoro, con la Circolare del 27 dicembre 2018 n. 20 avente per oggetto “Codice del Terzo Settore. Adeguamenti statutari” ha evidenziato che “l’articolo 18, in tema di assicurazione obbligatoria dei volontari, non riguardando profili organizzativi interni dell’ente, ma un obbligo di natura pubblicistica, non richiede alcuna modifica statutaria, trovando esso immediata applicazione nei confronti di tutti gli ETS che si avvalgono di volontari”.
L’obbligo assicurativo si intende pertanto già in vigore nonostante non sia stato approvato il Decreto attuativo menzionato.
Per le organizzazioni di volontariato nulla cambia: le stesse potranno procedere come in passato ma per le associazioni di promozione sociale prive di riferimenti certi?
Possono procedere con polizze numeriche? Sono in ogni caso obbligate alla tenuta del registro volontari? In caso di risposta affermativa, con quale modalità devono tenerlo? La forma si intende libera o in ogni caso è obbligatorio dare data certa quando non sia l’assicuratore a richiederlo?
Si ricorda che il Decreto del 14.2.1992 relativo alla disciplina dell’assicurazione dei volontari delle organizzazioni di volontariato contemplava sia l’aspetto assicurativo che le modalità di tenuta del registro volontari[vi].
Arsea Comunica n. 111 del 14/07/2020
[i] “2. Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.
3. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall'ente del Terzo settore tramite il quale svolge l'attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per l'attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite dall'ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
4. Ai fini di cui al comma 3, le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l'importo di 10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l'organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.
5. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l'ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano agli operatori che prestano attività di soccorso per le organizzazioni di cui all'articolo 76 della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, della Provincia autonoma di Bolzano e di cui all'articolo 55 bis della legge provinciale 19 luglio 1990, n. 23, della Provincia autonoma di Trento.
6. Ai fini del presente Codice non si considera volontario l'associato che occasionalmente coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni.
6 bis. I lavoratori subordinati che intendano svolgere attività di volontariato in un ente del Terzo settore hanno diritto di usufruire delle forme di flessibilità di orario di lavoro o delle turnazioni previste dai contratti o dagli accordi collettivi, compatibilmente con l'organizzazione aziendale.
7. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano agli operatori volontari del servizio civile universale, al personale impiegato all'estero a titolo volontario nelle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, nonché agli operatori che prestano le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n. 74
[ii] Art. 2 della Legge 266/1991
“1. Ai fini della presente legge per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.
2. L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse.
3. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui fa parte”.
[iii] Art. 18 della Legge 383/2000
“1. Le associazioni di promozione sociale si avvalgono prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati per il perseguimento dei fini istituzionali.
[iv] A tale
possibile interpretazione si arriva leggendo la Relazione illustrativa alla
prima stesura del Codice. “Di particolare importanza, nell'ambito del titolo
primo, è l'articolo 3, che individua le fonti di disciplina degli enti del
Terzo settore ed illustra il rapporto tra le medesime. Innanzitutto, il primo
comma chiarisce che anche agli enti del Terzo settore che hanno una disciplina
particolare, come ad esempio le organizzazioni di volontariato e le
associazioni di promozione sociale, si applicano le restanti disposizioni del
Codice, a condizione, ovviamente, che esse non siano derogate dalle nonne 1
particolari relative alla specifica figura organizzativa del Terzo settore e
siano con queste ultime compatibili. Pertanto, a titolo di esempio, alle
organizzazioni di volontariato di cui al Titolo V, capo I, si applicherà, tra
gli altri, l'articolo Il sull'iscrizione in registri, ma non già l'articolo 12,
comma l, poiché derogato dalla disposizione particolare di cui all'articolo 32,
comma 3, secondo cui "la denominazione sociale deve contenere
l'indicazione di organizzazione di volontariato o l'acronimo ODV".
Potenzialmente, il primo comma dell'articolo 3 si applica non solo agli enti
del Terzo settore che sono destinatari di una disciplina particolare
all'interno del Codice del Terzo settore, ma anche a quelli che eventualmente
lo siano all'esterno del Codice del Terzo settore (nell'ambito, cioè, di una
legge "speciale" rispetto a quest'ultimo).”
[v] Articolo 18 del Codice del Terzo settore:
“1. Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell'attività di volontariato, nonché per la responsabilità civile verso i terzi.
2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente Codice, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche, e sono disciplinati i relativi controlli.
3. La copertura assicurativa è elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del Terzo settore e le amministrazioni pubbliche, e i relativi oneri sono a carico dell'amministrazione pubblica con la quale viene stipulata la convenzione”.
[vi] Art. 3 del Decreto del 14.2.1992
“1. Le organizzazioni di volontariato debbono tenere il registro degli aderenti che prestano attività di volontariato. Il registro, prima di essere posto in uso, deve essere numerato progressivamente in ogni pagina e bollato in ogni foglio da un notaio, o da un segretario comunale, o da altro pubblico ufficiale abilitato a tali adempimenti. L'autorità che ha provveduto alla bollatura deve altresì dichiarare, nell'ultima pagina del registro, il numero di fogli che lo compongono.
2. Nel registro devono essere indicati per ciascun aderente le complete generalità, il luogo e la data di nascita e la residenza.
3. I soggetti che aderiscono all'organizzazione di volontariato in data successiva a quella di istituzione del registro devono essere iscritti in quest'ultimo nello stesso giorno in cui sono ammessi a far parte dell'organizzazione.
4. Nel registro devono essere altresì indicati i nominativi dei soggetti che per qualunque causa cessino di far parte dell'organizzazione di volontariato. L'annotazione nel registro va effettuata lo stesso giorno in cui la cessazione si verifica.
5. Il registro deve essere barrato ogni qualvolta si annoti una variazione degli aderenti che prestano attività di volontariato, ed il soggetto preposto alla tenuta dello stesso o un suo delegato deve apporvi la data e la propria firma”.
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