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Associazioni sportive dilettantistiche: quando si decade dalle agevolazioni?

Sul tema è intervenuta di recente la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2152 depositata il 30 gennaio scorso (udienza del 7/11/2019).

Un’associazione sportiva dilettantistica subisce un accertamento fiscale con recupero a tassazione di agevolazioni ritenute non dovute. Si tratta di un’associazione titolare di partita iva in regime ex lege 398, quindi con forfetizzazione delle imposte, che risultava affiliata ad un Ente di promozione sportiva ma non iscritta nel Registro CONI nel 2006, anno oggetto di accertamento.

L’associazione, secondo i rilievi dell’Amministrazione finanziaria, non avrebbe inoltre tenuto correttamente i libri sociali e la relativa gestione doveva intendersi di natura prevalentemente commerciale, ritenendola assimilabile ad un centro benessere. Dalla irregolare tenuta delle scritture (in particolare la mancata prova della convocazione assembleare e la mancata partecipazione degli associati all'assemblea) l’Amministrazione deduceva il carattere fittizio e strumentale dell’associazione finalizzata al mero risparmio fiscale, un comportamento tacciato di abuso di diritto.

Nel corso del primo grado, la contribuente produceva affiliazione all’Ente di promozione sportiva riconosciuto dal CONI che – come da Delibera della Giunta Nazionale CONI (su cui ci siamo soffermati in ARSEA INFORMA n. 111 del 28/09/2010) – doveva intendersi equivalente all’iscrizione nel Registro CONI fino al 31 dicembre 2010.

La Commissione tributaria sia in primo che in secondo grado ha accolto le istanze dell’associazione ivi inclusa la tesi secondo cui le contestazioni inerenti alle modalità di tenuta dei libri sociali – definito come disordine scritturale - potesse dar sorte a responsabilità all’interno dell’associazione restando privo di rilevanza fiscale.

Di diverso avviso è stata la Corte di Cassazione secondo cui “la concessione dei benefici fiscali può essere accordata quando emerga sia il profilo formale dell'affiliazione (che indica già un implicito riconoscimento ed esame a fini sportivi), ma anche il profilo sostanziale dell'aderenza dell'attività effettivamente svolta alla promozione sportiva dichiarata. Tale accertamento è mancato e la norma applicata sul solo presupposto formale. Ed infatti questa Corte ha ritenuto che le agevolazioni tributarie previste in favore degli enti di tipo associativo non commerciale, come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (ora art. 148) si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell'atto costitutivo o nello statuto”.

La sentenza della Commissione Tributaria Regionale viene quindi cassata ed il giudizio rinviato al giudice di merito perché si adegui al principio sancito dalla Cassazione.

Si ricordano qui brevemente gli aspetti che l’associazione sportiva dilettantistica è tenuta a dimostrare:

1) natura sportiva dilettantistica attraverso:

a) iscrizione nel Registro CONI (da stampare e conservare agli atti);

b) effettivo svolgimento di attività sportive dilettantistiche (quindi relative a discipline espressamente riconosciute con Delibera CONI) intendendo tali:

- attività didattiche da inserire nel Registro CONI;

- partecipazione dei propri atleti alle attività competitive/agonistiche organizzate dall’Organismo affiliante (dati inseriti nel Registro CONI dall’Organismo sportivo affiliante);

- partecipazione dei propri tecnici e dirigenti ai percorsi formativi realizzati dall’Organismo sportivo affiliante (informazioni inserite nel Registro CONI dall’Organismo sportivo affiliante);

2) effettiva natura associativa attraverso la corretta tenuta dei libri sociali (libro soci, libro verbali assemblea e organo amministrativo con particolare riferimento alle corrette procedure di adesione dei soci, di convocazione degli stessi alle assemblea e dell’idoneità/efficacia delle convocazioni assembleari, del rispetto dei quorum per la validità delle assemblee, della sovranità assembleare) che non rappresenta un obbligo giuridico (fatta eccezione per gli Enti del Terzo Settore) ma un onere per poter provare la genuinità associativa;

3) effettiva natura non lucrativa dell’associazione, attraverso un bilancio da cui emerga che l’eventuale avanzo di gestione sia reinvestito nell’esercizio successivo, che la tenuta contabile sia attendibile e che non si configuri una distribuzione indiretta di utili o proventi anche attraverso l’erogazione di compensi ai collaboratori e di indennità di carica ai dirigenti che dovranno rispettare i parametri di cui all’art. 10 del DLgs 460/1997 ed in futuro quelli previsti dal Codice del Terzo Settore.

Dubbi sulla corretta gestione dell’associazione? Contattaci per un preventivo alla mail info@arseasrl.it


Arsea Comunica n. 16 del 12/02/2020


 

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