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La Legge di Bilancio e la tassa sulla bontà.

Iniziamo il nostro percorso illustrativo della Legge di bilancio (Legge 30 dicembre 2018, n. 145 in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 31/12/2018) con un primo commento su una disposizione che ha suscitato molto scalpore ma anche molta confusione tra gli operatori.

Si tratta dell’articolo 1, comma 51, che prevede l’abrogazione dell’articolo 6 del DPR 601/1973. Si ritiene utile offrire alcune delucidazioni sul tema nonostante il Governo abbia manifestato la volontà, nelle stesse more di approvazione del provvedimento, di ritornare sui suoi passi per cui attendiamo, fiduciosi, di vedere se e come procederanno in tal senso.

La disposizione abrogata prevedeva quanto segue:

“Art. 6 Riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche.
[1] L'imposta sul reddito delle persone giuridiche è ridotta alla metà nei confronti dei seguenti soggetti:
a)  enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza;
b)  istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;
c)  enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione;
c-bis) Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione dell'Unione europea in materia di “in house providing” e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013.
[2] Per i soggetti di cui al comma 1 la riduzione compete a condizione che abbiano personalità giuridica.
[3] La riduzione non si applica agli enti iscritti nel Registro Unico nazionale del terzo settore. Ai soggetti di cui all'articolo 4, comma 3, codice del Terzo settore di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, la riduzione si applica limitatamente alle attività diverse da quelle elencate all'articolo 5 del medesimo decreto legislativo”.

L’agevolazione riguarda pertanto esclusivamente i soggetti dotati di personalità giuridica che operano negli ambiti espressamente e tassativamente elencati, ossia:
a) assistenza sociale,
b) società di mutuo soccorso,
c) enti ospedalieri,
d) enti di assistenza e beneficenza,
e) istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro,
f) corpi scientifici,
g) accademie,
h) fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali,
i) enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione tra cui vi rientrano, ai sensi dell’art. 7 della Legge 121/1985, gli enti religiosi civilmente riconosciuti,
j) Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione dell'Unione europea in materia di “in house providing” e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013.

A tali requisiti, prassi e giurisprudenza[i] hanno inoltre ritenuto doversi aggiungere la circostanza che il contribuente si qualifichi come ente non commerciale, ossia ente che non svolge in via esclusiva o prevalente attività di natura commerciale, atteso che l’estensione dell’agevolazione a soggetti di impresa si sarebbe tradotta in un vietato aiuto di Stato.

L’agevolazione consiste in un dimezzamento dell’IRES dovuta sui redditi dell’ente: riduzione pertanto sui redditi fondiari (derivanti dalla proprietà di immobili), di capitali, derivanti dall’eventuale attività commerciale esercitata (redditi di impresa) anche in via occasionale (redditi diversi). Non sono in ogni caso ammesse le associazioni prive di riconoscimento della personalità giuridica che rappresentano la gran parte dei c.d. enti senza scopo di lucro.

Non vi rientrano inoltre:
1) le organizzazioni di volontariato di cui alla Legge 266/1991, in quanto ad oggi la Legge 266/1991 prevede che “le operazioni effettuate dalle organizzazioni di volontariato di cui all'articolo 3, costituite esclusivamente per fini di solidarietà, non si considerano cessioni di beni, né prestazioni di servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto”[ii] mentre “i proventi derivanti da attività commerciali e produttive marginali (di cui al DM 25/5/1995) non costituiscono redditi imponibili ai fini dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) e dell'imposta locale sui redditi (ILOR), qualora sia documentato il loro totale impiego per i fini istituzionali dell'organizzazione di volontariato”[iii];

2) le ONLUS di cui all’art. 10 del DLgs 460/1997, in quanto ad oggi l’articolo 150 del TUIR prevede che “1. Per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ad eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale. 2. I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile.”

fatta eccezione, al ricorrere dei presupposti di cui sopra, del caso in cui siano titolari di redditi fondiari/di capitali/diversi per i quali potrebbe essere applicabile l’agevolazione, nonché:

3) le associazioni sportive dilettantistiche, in quanto l’attività sportiva dilettantistica non viene menzionata tra quelle che garantiscono l’accesso a tale agevolazione.

La disposizione, in virtù del comma 3 introdotto dall’articolo 89 del DLgs 117/2017, non sarebbe in ogni caso più applicabile[iv] alle organizzazioni che assumeranno la qualifica di Enti del Terzo Settore, ad eccezione degli enti religiosi civilmente riconosciuti che potrebbero (o meglio avrebbero potuto) optare per tale regime con riferimento alle attività diverse da quelle di interesse generale di cui all’articolo 5 del CTS.

Si auspica pertanto che il Governo intervenga prontamente in materia sia sanando il periodo in cui l'agevolazione risulta abrogata che, auspicabilmente, dissipando i numerosi dubbi interpretativi della norma stessa.

Arsea Comunica n. 1 del 3/1/2019

NOTE
[i]  Si rinvia alla Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 17.12.2007 n. 69 che esamina l’evoluzione interpretativa giurisprudenziale in materia
[ii] Art. 8 della Legge 266/1991
[iii] Art. 8 della Legge 266/1991
[iv] Dall’esercizio successivo a quello di funzionamento del Registro Unico del Terzo settore, acquisito il parere favorevole della Commissione europea rispetto ai nuovi regimi fiscali, ai sensi dell’art. 104, secondo comma, del CTS

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