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Quando un ente si qualifica come “non commerciale”?

Gli enti senza scopo di lucro possono svolgere anche attività commerciale ma perdono tale qualifica qualora svolgano, in via principale o esclusiva, attività di natura commerciale. A prevederlo è l’articolo 149 del Testo Unico delle imposte sui redditi.

Sul tema è di recente intervenuta la Commissione tributaria regionale della Lombardia con la sentenza del 16.10.2018 n. 4332, a seguito della sentenza della Cassazione che, per carenza assoluta di motivazione, aveva cassato con rinvio la precedente pronuncia di secondo grado.

L’Agenzia delle Entrate aveva qualificato una fondazione come ente tout court commerciale.

La Commissione tributaria regionale ha viceversa ricordato che “è certamente vero, anzitutto, che non è sufficiente fare riferimento alle finalità statutarie di un ente per qualificarlo assistenziale o non commerciale, ma occorre una verifica concreta. Inoltre, è ben possibile che un ente senza fine di lucro svolga una attività di tipo commerciale pur non rientrando nella nozione civilistica di impresa. Tuttavia, nella specie l'Ufficio non ha dimostrato che la contribuente - fino a tutto il 2003, oltretutto, nella forma pubblicistica di "ex I." - abbia svolto negli anni 2002 e 2003 prevalente attività commerciale, ossia attività che determina reddito di impresa”.

Nel caso specifico si trattava di una fondazione IPAB che percepiva introiti derivanti dai seguenti servizi:

1) attività di residenza sanitaria assistenziale per la quale aveva stipulato un contratto con la ASL;

2) una "casa albergo" per musicisti anziani o comunque bisognosi,

3) la gestione del patrimonio immobiliare e mobiliare,

4) la riscossione di diritti di autore.

Rispetto alla circostanza che la fondazione non avesse tenuto una contabilità separata tra attività istituzionali e commerciali, la Commissione tributaria ha evidenziato che il contribuente avesse prodotto schede e tabelle non contestate che distinguevano le attività e da cui quelle commerciali risultavano non prevalenti (attività individuate nella riscossione dei diritti d'autore da eredità o donazione, buoni pasto dei dipendenti, corrispettivi per la vendita di materiale promozionale, rette pagate dai degenti abbienti).

Più in dettaglio, l'art. 111 bis ora 149 - TUIR fissa i parametri per la qualificazione dell'ente in impresa a fini fiscali che, dalla documentazione agli atti, non risultavano sussistere:

· le immobilizzazioni riferite alle attività commerciali risultavano infatti nettamente inferiori a quelle riferibili ad attività istituzionali;

· il valore delle prestazioni istituzionali risultava nettamente prevalente sui ricavi delle attività commerciali;

· il valore delle entrate istituzionali risultava superiore ai redditi netti da attività assimilabili alle commerciali.

 

Arsea Comunica n. 102 del 28/12/2018 

 

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