STAMPA PDF

#RiformadelTerzosettore 4: divieto di distribuzione – diretta ed indiretta – di utili e proventi.

Come è noto, le organizzazioni senza scopo di lucro non solo non possono distribuire direttamente utili o proventi ma non possono neppure operare questa distribuzione indirettamente.

Ciò significa che le organizzazioni senza scopo di lucro possono generare un utile, o meglio un avanzo di gestione, ma che questo dovrà essere reinvestito nelle attività e che, al contempo, dovranno rispettare una serie di parametri perché non si configuri una distribuzione indiretta di utili …

 

Ma cosa si intende per divieto di distribuzione indiretta di utili o proventi?

La nozione – ad “oggi” – viene definita dagli articoli:

-   10 del DLgs 460/1997, dedicato alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ma applicato per prassi (in tal senso Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.124/1998) a tutti gli enti associativi;

-   3 del DLgs 155/2006 con riferimento alle imprese sociali.

 

Le novità introdotte dalla Riforma del Terzo settore.

Il Codice del Terzo settore (DLgs 117/2017) e il Decreto di riforma dell’impresa sociale (DLgs 112/2017) abrogano le disposizioni sopra citate ed introducono, rispettivamente all’articolo 8 e all’articolo 3, una nuova definizione di divieto di distribuzione indiretta di utili o proventi pressoché identica, fatti salvi due aspetti legati ad aspetti finanziari.

Nelle imprese sociali costituite in forma societaria è prevista innanzitutto la possibilità del rimborso del capitale versato al valore nominale. È prevista una forma, seppur limitata, di remunerazione del capitale.

Per la generalità delle imprese sociali si prevede inoltre che si configura come distribuzione indiretta di utili la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per la distribuzione di dividendi.

 

Entrando nel merito dei parametri comuni, raffrontati alla previgente normativa, si osserva quanto segue.

 

Il tetto alle retribuzioni.

È sempre previsto un tetto alle retribuzioni ma il vincolo precedente – non dovevano essere superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche – risulta meno stringente in ragione delle obiettive difficoltà di reperire risorse umane particolarmente qualificate a causa dei tetti di retribuzione.

Con la nuova normativa la distribuzione indiretta di utili si configura quando si corrispondono “a lavoratori subordinati o autonomi” retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di cui all’art.51 del DLgs 81/2015, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale nei settori delle prestazioni sanitarie, formazione universitaria e post-universitaria e ricerca scientifica di particolare interesse sociale.

Altro aspetta che merita attenzione è la circostanza che la nuova disposizione prevede il medesimo tetto con riferimento sia alle prestazioni di lavoro subordinato che autonomo. Il testo previgente si riferiva esclusivamente ai dipendenti ma in via interpretativa l’Agenzia delle Entrate lo applicava anche agli autonomi nonché ai percettori compensi sportivi.

Altro tema è legato alla possibilità di disapplicare la disposizione.

L’Agenzia delle Entrate – con la Risoluzione n.294 del 2002 – aveva chiarito che l’articolo 10 del DLgs 460/1997 doveva intendersi come “norma antielusiva di tipo sostanziale”, come tale astrattamente soggetta alla disapplicazione ex art.37 bis, comma 8, del DPR 600/1973.

La disposizione citata prevede la possibilità per il contribuente di presentare istanza di disapplicazione della norma corredata da documentazione idonea a dimostrare l’effettiva corresponsione ai dipendenti delle somme erogate a titolo di stipendio o salario: la necessità di acquisire, quale causa della corresponsione nella misura superiore a quella prevista dalla legge, specifiche professionalità, senza le quali non è possibile svolgere l’attività istituzionale a livelli di eccellenza, allegando il curriculum vitae del personale.

La nuova formulazione sembra consentire la disapplicazione della norma con esclusivo riferimento alle professionalità impegnate nei settori espressamente indicati, ossia prestazioni sanitarie, formazione universitaria e post-universitaria e ricerca scientifica di particolare interesse sociale.

 

Le indennità di carica

Cambia la disciplina delle indennità di carica, configurandosi distribuzione indiretta di utili o proventi “la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di compensi individuali non proporzionati all'attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni”.

La formulazione appare analoga a quella prevista per le imprese sociali e risponde al mutato quadro normativo: mancando il tariffario professionale diventava difficile ancorare le indennità alla carica del presidente del collegio sindacale di una SPA. Non si nascono in ogni caso perplessità legate alla formulazione adottata che si potrebbe prestare ad arbitrarie interpretazioni.

 

L’acquisto di beni e servizi.

Resta invariato il parametro dell’”acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale”, tra cui l’Agenzia delle Entrate (Circolare 168/1998) fa rientrare “la corresponsione ai consulenti della ONLUS di corrispettivi superiori a quelli stabiliti dalle tariffe professionali”.

 

Trattamento di favore per i soci.

Resta parzialmente invariato il parametro legato al garantire ai soci l’accesso a beni e servizi a condizioni più favorevoli rispetto a terzi. È il classico caso dell’associazione sportiva che concede ai soci l’utilizzo del campo di tennis ad un prezzo significativamente ridotto rispetto a quello offerto al non socio, quando il differenziale non sia legato semplicemente all’applicazione dell’IVA al corrispettivo versato dal non socio.

La disposizione in particolare prende in considerazione “le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l'organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell'organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività di interesse generale di cui all'articolo 5”.

Con la nuova formulazione è pertanto possibile garantire un maggior favor ai soci – e soggetti assimilati – quando le cessioni o prestazioni costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale indicata all’articolo 5 mentre in passato questa deroga era prevista con esclusivo riferimento a benefici aventi “significato puramente onorifico e valore economico modico” e limitatamente alle attività legate alla tutela, promozione e valorizzazione delle cose di interesse artistico e storico e alla tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente.

 

Gli interessi passivi

Identica risulta, infine, la formulazione del limite della “corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.”

 

Quando entrano in vigore le nuove disposizioni?

L’articolo 10 del DLgs 460/1997 viene abrogato dall’art.102 del DLgs 117/2017 a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea in merito al nuovo regime fiscale agevolato introdotto dal Codice del Terzo settore e, in ogni caso, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del Registro unico del Terzo settore, ai sensi dell’art.104 del CTS (si parla di diciotto mesi per l’adozione dei provvedimenti, nazionale e regionali, relativi al funzionamento del Registro Unico con conseguente operatività stimata nel 2019).

Il Decreto Legislativo 155/2006 è invece già stato abrogato con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 112/2017.

 

Cosa succede alle associazioni che non entreranno nel Registro Unico degli Enti del Terzo settore?

Come è noto le organizzazioni senza scopo di lucro possono scegliere se iscriversi, o meno, in detto registro, fatto salvo che non esisteranno Associazioni di promozione sociale e Organizzazioni di volontariato che non siano anche iscritte nel Registro.

L’abrogazione dell’art.10 del DLgs 460/1997 lascia gli enti senza scopo di lucro orfani di una disciplina che definisce il concetto di distribuzione indiretta di utili, principio che dovranno in ogni caso rispettare essendo espressamente previsto come condizione di accesso alle agevolazioni fiscali dall’art.148, ottavo comma, del TUIR.

La Relazione illustrativa allo schema di decreto legislativo recante “Codice del Terzo settore” prevede però che il Codice potenzialmente si applichi agli Enti del Terzo settore che eventualmente lo siano all’esterno del Codice del Terzo settore (nell’ambito cioè di una legge speciale rispetto a quest’ultimo). In tal modo – si legge nella Relazione – il Codice assurge al rango di fonte principale del diritto degli enti del terzo settore globalmente considerato.

Ne consegue che gli enti associativi che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che promuovono e realizzano attività di interesse generale contemplate dall’articolo 5 del Codice del Terzo settore sono da intendersi assoggettati ai parametri del divieto di distribuzione indiretta di utili contemplati nel Codice ancorché non iscritte nel Registro unico del Terzo settore.

L’associazione sportiva dilettantistica, l’associazione culturale, l’associazione di formazione extra-scolastica della persona o l’associazione assistenziale che dovesse decidere di non iscriversi nel Registro unico del Terzo settore si ritiene pertanto che debba “fare i conti” con questa disposizione in ogni caso.


Arsea comunica n.63 del 25/10/2017 

Lo staff di Arsea

Contatti

Siete interessati ad avere maggiori informazioni sui nostri servizi?
Non esitate a contattarci.

I nostri uffici sono presenti a:

Bologna - Sede legale ed operativa

Via S. Maria Maggiore n.1
40121 Bologna
Tel. 051/238958
Fax 051/225203

Si accede anche da Via Riva di Reno n.75/3, terzo piano, ingresso UISP Comitato Regionale Emilia Romagna

 

Reggio Emilia - Sede decentrata

c/o UISP Comitato Reggio Emilia

Via Tamburini n.5
42100 Reggio Emilia (RE)
Tel. 0522/267207
Fax: 0522/332782


Si riceve su appuntamento.

© 2016 Arsea s.r.l - via S.Maria Maggiore, 1 - 40121 Bologna - P.IVA 02223121209

Contratto       Privacy Policy       Cookie Policy