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LE RIFLESSIONI DEL SENATO sul mondo dello sport in Italia: stato di salute e possibili proposte

La VII Commissione permanente del Senato ha approvato il 6 dicembre scorso la Risoluzione n.68 in cui analizza lo stato di salute dello sport e avanza alcune possibili proposte.

Il documento, alla cui lettura integrale si rinvia, evidenzia in particolare la necessità di intervenire sulle seguenti materie:

1) compiere una ricognizione che abbia ad oggetto tutto il sistema della formazione universitaria e federale, nel settore sportivo.

Bisogna distinguere il settore del “puro volontariato sportivo” dall’impegno professionale, facilitando in questo caso l’ingresso nel mondo del lavoro dei laureati in scienze motorie atteso che spesso

“associazioni e società sportive dilettantistiche, (..) centri fitness e (..) palestre al di fuori del modello sportivo organizzato (che rappresentano uno tra i maggiori bacini di utenza cui si rivolgono i laureati in scienze motorie in cerca di occupazione), non richiedono il possesso di determinati requisiti o competenze per lavorare. (…) A tal fine, invece, si possono far valere, in forma di sostanziale equiparazione al titolo accademico, certificazioni rilasciate tramite corsi di formazione improvvisati, da parte di privati, assolutamente non adeguati a fornire quel bagaglio culturale e quelle conoscenze, teoriche e pratiche, ottenute attraverso corsi universitari. (…) E` necessario, dunque, scongiurare la possibilità di utilizzare titoli fittizi (come avviene ad esempio nel settore della danza) al pari di attestazioni rilasciate da autorità preposte a tale scopo (ad esempio, i corsi certificati dal CONI, anche ove tenuti da enti federali o enti equiparati) o di percorsi di studi universitari, tutelando le opportunità di impiego e carriera che seguono alla formazione professionale e a quella universitaria”.

Rispetto ai percorsi di formazione all’interno dell’ordinamento sportivo la Risoluzione auspica l’introduzione dell’obbligatorietà dell’utilizzo del Sistema nazionale delle qualifiche degli operatori sportivi (SNaQ), ai fini della migliore armonizzazione tecnica dei percorsi formativi, a tutti i livelli federali;

 

2) garantire e promuovere le condizioni affinché i giovani impegnati nello sport di alto livello possano coniugare istruzione e agonismo,

a) fornendo ai giovani atleti-studenti un adeguato sistema di supporto alle scelte individuali;

b) promuovendo l’utilizzo e la diffusione delle più avanzate tecnologie per lo studio a distanza;

c) organizzando percorsi di recupero ad hoc per smaltire le assenze causate dalla partecipazione a gare e campionati o programmare interrogazioni, verifiche e/o appelli universitari in modo flessibile e cooperativo;

3) Intervenire in materia organica sulla disciplina dello sport dilettantistico affrontando in particolare aspetti quali:

a) la distinzione tra prestazione professionistica e dilettantistica da fondare sulla base del concetto di prevalenza dell’attività, in quanto la prestazione sportiva che viene praticata in modo continuativo e oneroso deve essere riconosciuta, in ogni caso, come professionistica;

b) la parità di genere e sport, sia con riferimento all’assoluta prevalenza del genere maschile ai vertici delle strutture federali e del CONI che con riferimento alla circostanza che attualmente, nessuna disciplina sportiva femminile viene qualificata come professionistica;

c) intervenire sulla disciplina dell’istituto del compenso sportivo atteso che

“l’interpretazione di tale norma, nata per agevolare l’attività sportiva, è risultata invece escludente nei confronti di chi intende essere occupato in via principale nel settore, come, ad esempio, i laureati in scienze motorie, i quali in virtù della loro qualifica di laureati, vengono, a seguito di una interpretazione eccessivamente restrittiva, ricondotti nella fattispecie del lavoro autonomo o del lavoro dipendente. Tale posizione di fatto scoraggia l’utilizzo nelle associazioni sportive dilettantistiche e nelle società sportive dilettantistiche di tali soggetti qualificati, incentivando l’impiego di lavoro meno qualificato”;

d) distinguere quelle società e quelle associazioni che promuovono lo sport da chi ne ha costituita una per scopi commerciali e per accedere ai benefici fiscali previsti dalla legge, in modo da assicurare la certa rispondenza tra platea dei potenziali destinatari e beneficiari;

e) prevedere forme di costituzione di società e associazioni sportive, come nel caso della s.r.l. semplificata, che agevolino l’avviamento e lo svolgimento dell’attività d’impresa;

f) limitare la responsabilità solidale dei dirigenti sportivi nel caso delle associazioni sportive dilettantistiche (ASD) non riconosciute;

g) chiarire che la finalità no profit può essere perseguita anche attraverso iniziative imprenditoriali volte ad accrescere le risorse da reinvestire nell’attività dilettantistica riducendo i costi di accesso alla pratica sportiva. Quest’ultimo aspetto ha importanti conseguenze da un punto di vista della legge fallimentare, considerato che recenti sentenze considerano lo svolgimento di attività imprenditoriali, ai sensi dell’articolo 2195 del codice civile, requisito per la fallibilità delle associazioni sportive dilettantistiche a prescindere dalla destinazione a fini no profit dei ricavi derivanti dall’attività commerciale;

h) intervenire sulla disciplina IVA dei servizi sportivi a pagamento (es: corsi)  prevedendo, al fine di non creare discriminazioni tra soggetti che usufruiscono dei servizi di una associazione sportiva (soci e non soci) si potrebbe prevedere, per le quote versate dai non soci, l’esenzione dall’imposta, equiparando i servizi sportivi a quelli formativi e medici, in ragione del valore di prevenzione dalle malattie cardiocircolatorie connesso alla pratica sportiva (sulle quote versate da non soci resterebbe applicabile l’imposizione diretta);

i)   estendere la detraibilità di parte dei costi sostenuti per iscrivere i minori ai corsi sportivi (articolo 15, comma 1, lettera i-quinquies del TUIR) alle spese sostenute da persone di età superiore a 60 anni per incentivare l’attività motoria per la cosiddetta «terza età;

j)   incrementare il plafond della 398 a 400.000, soluzione già adottata;

k) incrementare fino a 10.000 euro il plafond dei rimborsi forfettari i cui all’art.67 lettera m) del TUIR non soggetti a ritenute ex art.69 comma 2 del TUIR, prevedendo però per le eccedenze l’applicazione della disciplina fiscale, previdenziale e assicurativa prevista per le collaborazioni coordinate e continuative;

l)   garantire agli sponsor la piena deducibilità fino a 300.000 euro prevista dall’articolo 90, comma 8, della legge 289 del 2002;

 

4) intervenire sull’impiantistica sportiva alla luce delle seguenti considerazioni:

a) pur in presenza di una situazione piuttosto disomogenea sul territorio nazionale, la necessità di investimenti di risorse per la gestione, la manutenzione (ordinaria o straordinaria), la ristrutturazione, la messa in sicurezza o la realizzazione di nuovi impianti sportivi trova, spesse volte, nei vincoli alle spese per investimenti della finanza pubblica locale e nel rispetto del patto di stabilità interno degli ostacoli insormontabili;

b) vincoli introdotti nell’ordinamento dal nuovo codice degli appalti pubblici (DLgs 50/2016), nella parte in cui si prevede (articolo 165, comma 2, ultimo periodo) che nelle concessioni di lavori pubblici o servizi il contributo pubblico non possa, in ogni caso, «essere superiore al trenta per cento del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari». Tale norma, quindi, potrebbe disincentivare le forme di partenariato pubblico-privato nella gestione degli impianti, tutt’al più nel caso in cui dovessero esser realizzate opere di manutenzione extra ordinaria, ed essere ulteriormente d’ostacolo alla costruzione di nuovi;

c) scarsità di impianti sportivi soprattutto al sud rispetto al centro-nord.

 
Arsea comunica n.1 del 04/01/2017

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