Una associazione sportiva dilettantistica riceve dall’ufficio tributi del Comune la seguente comunicazione
“Buongiorno,
ad integrazione della vostra dichiarazione Imu, con la quale veniva dichiarato l'utilizzo dell'immobile con identificativi Foglio 69 Particella 2633 per attività non commerciali, siamo a richiedere vostri tariffari per tutti i servizi offerti ai fini della valutazione dell'effettivo svolgimento di tali attività senza scopo di lucro.”
e si chiede il motivo per cui l’Amministrazione richieda informazioni sui tariffari. Il motivo è semplice ma non appartiene al “senso comune”.
Quando si parla di organizzazioni senza scopo di lucro si pensa alla disciplina che vieta ogni forma di distribuzione diretta o indiretta di utili o proventi, un vincolo originariamente definito nel dettaglio con riferimento alle ONLUS (art. 10 D.Lgs. 460/1997), applicato in via interpretativa agli enti non commerciali di tipo associativo, ivi incluse le associazioni sportive dilettantistiche, poi disciplinato per gli Enti del terzo settore (art. 8 del D.Lgs. 117/2017) e per le imprese sociali (art. 3 del D.Lgs. 112/2017) e infine per le associazioni e società sportive dilettantistiche (art. 8 del D.Lgs. 36/2021).
Ai fini dell’IMU non rileva però solo il carattere soggettivo dell’ente senza scopo di lucro ma anche la circostanza che le attività svolte all’interno degli immobili che si vorrebbero esenti da IMU siano svolte con modalità non lucrative.
A definire il concetto è intervenuto il Decreto ministeriale del 19/11/2012 n. 200 secondo cui le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali non solo in virtù della natura non lucrativa dell’organizzazione ma anche a condizione – se parliamo di attività sportive – che dette attività siano “svolte a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di un corrispettivo simbolico e, comunque, non superiore alla metà dei corrispettivi medi previsti per analoghe attività svolte con modalità concorrenziali nello stesso ambito territoriale, tenuto anche conto dell'assenza di relazione con il costo effettivo del servizio”, da cui la necessità, quanto meno, di verificare il tariffario.
Arsea Comunica n. 98 del 21/11/2024
Francesca Colecchia
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